domenica 6 settembre 2015

Natura-cultura, i kimono di Shimura

Al museo Bröhan di Berlino, nel quartiere di Charlottenburg, è in corso (fino al 6 settembre) la mostra " Kimono", che è innanzitutto un silenzioso indiretto ma concreto omaggio alle vittime delle bombe atomiche nel settantesimo anniversario dei bombardamenti sul Giappone. Si tratta di mostra di chimoni e tele prodotti da due generazioni, Fukumi Shimura la madre e Yoko Shimura la figlia, che coniugano nell'oggi la cultura giapponese tradizionale del vestire e del sentirsi parte del tutto con la vocazione internazionale del sentirsi in sintonia con popoli e culture geograficamente lontane, nella convinzione che ogni cultura è parte della terra della natura del cosmo. Così in un kimono è incastonata con filo d'oro la parola "Opera", omaggio ad una raccolta di poesie giapponesi del '700 e insieme all'opera italiana, un'altra si intitola " Othello ",  una ancora " Santa Clara " , la santa amica di san Francesco, con la cui scelta di povertà e dedizione le Shimura si sono sentite molto in sintonia, visitando gli affreschi di Assisi, Tagore inspira un'altro chimono, colorato con erbe indiane, " Isfahan ", " Cattedrale bianca ", oppure una tela in cui è incastonato un ritratto ispirato alla "Dama con ermellino" di Leonardo da Vinci. La loro ispirazione può venire da una poesia, un prato, un corso d'acqua, comunque si tratta sempre di un sentimento che traducono in colore e forma . " In ' Vento sul campo ' , scrive Fukumi, ho rappresentato l'immagine del vento, che morbido accarezza i campi, nella forma di un abito del teatro No ".

 Il delizioso museo che ospita la mostra è esclusivamente dedicato all'arte liberty e deco, una collezione di mobili quadri e oggetti preziosi iniziata una generazione fa da Karl H. Bröhan e proseguita ora dal figlio. Il posto giusto per ospitare questa espressione attuale dell'arte,  giapponese che tanta parte ebbe in quella europea di fine '800 e inizio '900.

Al primo piano trovano il loro habitat naturale i kimoni di Fukumi  e Yoko Shimura, "dopo Parigi siamo riusciti ad averla noi questa mostra, vincendo su molte altre istituzione che l'avrebbero voluta" mi dice orgoglioso il custode con cui mi intrattengo all'uscita, consapevole dell'omaggio silenzioso che la mostra rende ai morti per le bombe atomiche sganciate dagli americani sul Giappone nell'ultimo conflitto mondiale. Dopo Berlino la mostra tornerà in Giappone. 

Fukumi Shimura, nata nel 1924 nel Kansai,  ha iniziato subito dopo la seconda guerra mondiale a raccogliere erbe, produrci colori tingere fili di seta tesserli e formarne chimoni. Ogni erba una storia un solo particolare colore una stoffa. Questa sua arte è molto apprezzata in Giappone, dove Fukumi nel 1990 è stata nominata monumento nazionale vivente, e dove ha collezionati numerosissimi premi e medaglie, tanto che, oltre alla scuola e galleria " Ars Shimura " a Okazaki presso Kyoto, ha appena aperto una succursale a Sagano. La figlia Yoko, nata nel 1950, lavora con la madre dal 1981.
Subito dopo le sale dedicate ai chimono, il museo ha organizzato l'esposizione di alcuni pezzi della propria collezione ispirati al Giappone, e cosa molto interessante, in ogni vetrina, accanto alle indicazioni dei singoli pezzi, è esposta la foto e le indicazioni dell'oggetto giapponese da cui l'artista europeo si era lasciato ispirare.
Le signore Shimura fanno da sole i colori per le tinture, assolutamente naturali, pestando e bollendo i vegetali che si fanno arrivare dalle isole dell'arcipelago giapponese. È qui che si nasconde la filosofia della loro arte, ispirata oltre che allo Zen del proprio bagaglio culturale, alla teoria dei colori di Goethe, studiata con particolare cura e costanza, all'afflato cosmico dell'idealismo del filosofo tedesco Schelling e alla teosofia di Steiner, molti i loro libri e le pubblicazioni al riguardo, perché ritengono che i colori siano un mezzo fondamentale di espressione personale e insieme universale, non un'emozione passeggera, ma una realtà da studiare, meditare, ridare nel concreto della seta.

Un filmato ci fa vedere la loro casa, l'atelier, il giardino, mentre ci arriva dalle loro voci la profonda consapevolezza  di ciò che fanno e che ci guida ad entrare nel loro personale giardino zen, fatto di chimoni dai colori delicati, che restituiscono in forma di energia vitale, a chi li indossi o anche solo li ammiri per pochi minuti in queste sale,  tutta l'armonia e il coraggio della natura da cui provengono.
Poi naturalmente, per chi sia curioso, oltre ai chimono può visitare il resto del museo e vedere così dei pezzi unici, frutto dell'amore collezionista di due generazioni per un'arte in fondo tanto vicina a noi eppure già così lontana che per gustarla si va a Barcellona dal Gaudì o ci si aggira per i mercatini di Praga e Bruxelles.

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