mercoledì 6 dicembre 2017

musica


incontri possibili. freundliche landschaft - paesaggio gioioso ; schumann waldszene - scene della foresta ; mandala fluido

inchiostro, collage, 60x40, 2017



 matita, collage, 65x45, 2017

martedì 31 ottobre 2017

cosmologie

vaso velato-rivelato, carte fatte a mano, inchiostro, acquerello, collage, filo di seta, 2009
 





                                                                hermann hesse


invece penso che proprio dall.anonimia dell.eroe, dalla sua consapevole cancellazione possa emergere la realtà di altri nessi.
si dice che la parola dia ordine al caos, c.è anche una parola che non teme il caos, lo accetta, si misura con esso e scopre che non esiste. il lasciar emergere ciò che è, e dunque abbandonare il pregiudizio giudicante, dice che il caos non esiste, se non nelle nostre paure, nelle nostre proiezioni.

venerdì 29 settembre 2017

philipp otto runge, fernanda mancini, hermann hesse




29 settembre 2017
mi è stato chiesto di ampliare il discorso qui appena iniziato. lo farò senz'altro, ma si tratta di un lavoro in progress, aspetto. 

5 ottobre 2017
mi pare, ora, che sarebbe bene dichiarare che le foto che si accompagnano a questo scritto e lo scritto stesso sono indisgiungibili, li considero cioè un unico lavoro.
questo lavoro non è concluso, ma lo é invece l'immagine, in quanto non è immagine di un "quadro", che sta in qualche luogo e poi può per esempio essere esposto in una mostra, l'originale di quell'immagine non è un quadro, ma è una foto, appunto la foto che si vede qui.
il valore di questo fatto sta per me innanzitutto che si tratta di un tipo di procedere per me nuovo: creare un'immagine che non dura e di cui rimane solo la foto, cioè la traccia, il documento, ma non l'originale. inoltre (e questo mi pare aumenti il valore allusivo, evocativo, del lavoro, e mi ha ricordato l'esperienza di fluxus e il valore performativo dell'immagine), questa foto è un momento "congelato" di una sequenza. il fatto interessante è che la sequenza che viene evocata, non è fisica, non è un'esperienza concreta, ma è il "moto" che mi ha portata a leggere runge, hesse, a scrivere la frase di hesse che mi aveva colpito e a mettere tutto insieme. La foto, istante di una sequenza, allude indica e parla di un processo, di un percorso spirituale, certo mio soggettivo, ma che si sviluppa in relazione al tempo e alla storia, cioè al pensiero di runge e hesse.
inoltre è un lavoro aperto al futuro e agli stimoli che può dare a chi lo guardi, come infatti è accaduto per queste righe, che sono state sollecitate da un intervento esterno.

edizione 'reclam jun.' di lipsia curata da hannelore gärtner, 1982




fernanda mancini, "dialoghi", libro, carta, inchiostro di china, 2017
lo scritto su carta è una frase di hermann hesse

questo lavoro, a vederlo nell.immediatezza con cui si presenta, è statico, in realtà quest.immagine è l.istantanea che ferma col suo scatto lo svolgersi di un processo. in realtà si sta svolgendo un dialogo a tre, difficile dire da chi sia stato iniziato. runge, il più antico, hesse secondo nel tempo, ma se io non li avessi messi in contatto, il dialogo non ci sarebbe e nemmeno questa foto.
un dialogo non immaginario, ma reale e concreto, ove ciascuno parla con estrema onestà e autenticità su ciò che più gli sta a cuore, un dialogo essenziale.
questa foto sintetizza e allude, è statica, ma per il fatto che non svela subito tutto ciò che contiene, è anche movimento, è messa in movimento e mette in movimento. non è un.opera chiusa, e ciascuno può proseguirla come vuole, considerata per sé è un.opera aperta, performativa. 

sabato 16 settembre 2017

poesia di t.s.eliot



"noi non cesseremo l'esplorzione
e la fine di tutto il nostro esplorare
sarà giungere là onde partimmo
e conocere il luogo per la prima volta"

Thomas S. Eliot

giovedì 7 settembre 2017

linguaggi

non sono una cosa fantastica queste foglie, quasi un fiore, tanto sono unite da perdere il plurale? un'opera d'arte creata dal fuoco dalla pietra e dalle acque, le quali hanno trasformato un oggetto, una semplice presenza, una forma della natura in opera che sta, in segno, in linguaggio. infatti ora a noi, queste foglie, questo fiore parla. ciascuno per sé deve scoprirne la lingua le parole.




martedì 29 agosto 2017

caos o potenza? un inizio






joseph haydn "la creazione". prima parte. introduzione. la rappresentazione del caos
"Il primo giorno è nato.
la con-fusione cede all.ordine che avanza germogliando"


?




sabato 22 luglio 2017

librarsi


una poesia di laura pezzola

Librarsi

Affiorano pensieri
come ali di corvo
salgono in circoli viziosi
gonfiano e formano foreste
di rami arruffati,
diventano gramigna.
Allora esco,
seguo il pifferaio dell'inchiostro,
sfoglio pagine che assorbono
la mia macchia neroseppia.

(laura pezzola, la manutenzione dell'anima, edizioni progetto cultura, 2013)

per me questa poesia coglie il momento in cui la difficoltà di pensare poeticamente è giunta al proprio -momentaneo- limite, necessita chiede e ottiene una pausa.
intendo limite che è momentaneo per la natura del pensare poetico. l'esperienza personale può anche fermarsi a questo punto, che segna allora il limite estremo della persona.
per il pensare che è sulla via della ricerca però è il limite momentaneo, un arresto delle sue forze di fronte al mistero. sa che esso gli sfuggirà sempre, che si troverà a navigare tra contraddizioni che non è possibile sciogliere, ma sa anche che troverà altre strade, aggirerà ostacoli, adeguerà le domande, e ricomincerà con gioia a pensare poeticamente. il pifferaio dell'inchiostro gli sarà di aiuto?





giovedì 13 luglio 2017

questo video accompagna il libro "lampedusa" con cui sarò alla biennale del libro d'artista a napoli a castel dell'ovo dal 19/8 (h 17) al 4/9, e per analogia lo presenta



martedì 20 giugno 2017

intervista a roberto giardina

intervista a roberto giardina a proposito del suo libro "attraverso la francia - senza dimenticare il belgio" (bompiani) apparsa sul blog di barbadillo







Roberto Giardina parla con Maurizio Cabona del suo ultimo libro, “Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio”
Corrispondente da Amburgo e poi da Bonn per La Stampa e ora Berlino per QN e Italia Oggi, Roberto Giardina è stato, prima, corrispondente da Parigi per Il Giorno. Ha osservato quindi le vere capitali del Mec, che all’Italia diede tanto, e quelle della succedanea Ue, che all’Italia sta prendendo tanto…
Sull’Italia di ieri, Giardina ha pubblicato pochi mesi fa il romanzo autobiografico Pfiff (Imprimatur ed.), raccontando i giornalisti dimezzati nella Torino dei primi anni ’60. Ora amplia la prospettiva con Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio (Bompiani, pp. 418, euro 28), che presenterà a Bologna giovedì 8 giugno (Alliance française, via de’ Marchi 4, ore 18); a Genova venerdì 9 (ristorante Il Sogno, via A. Vannucci 3, 7r., ore 18,30)) e giovedì 15 a Milano (libreria Verso, corso di Porta Ticinese 40, ore 19).
Signor Giardina, in copertina leggo: “Viaggiare al tavolo di lavoro, a casa, nei propri ricordi, emozioni, relazioni, nel proprio immaginario…”.
“E´ una citazione francese, ben scelta dall’editore. Certo, questa è una guida per chi non viaggia, ma si può leggerla anche viaggiando. Ma non è una guida per turisti”.
E per chi è?
“Per i viaggiatori”.
Come distingue dal turismo il viaggiare?
“L´arte di viaggiare è perdere tempo. La fretta di vedere tutto ci impedisce di gustare un´atmosfera, che è fatta non solo d’opere d´arte, di monumenti”.
Si spieghi meglio.
“A Parigi le ostriche sono fresche ovunque…”.
… Dunque?
“Ma da Wepler, in Place Clichy, andava Henry Miller, l´autore di Tropico del Cancro”.
E allora lì le ostriche, oltre che fresche, hanno il gusto del ricordo?
“Proprio così. Giustamente, per illustrare il libro, sono state scelti gli acquerelli straordinari di Alessandra Scadella, con un fascino evocativo che ferma l’attimo. Un fascino che una foto non avrebbe”.
Continui.
“In un acquerello si possono mischiare atmosfere diverse: una leggenda e un fatto di cronaca; Barbablù e la Nevers di Hiroshima, mon amour, film di Alain Resnais”.
Torniamo al viaggio.
“Non solo un viaggio immaginario. Viaggiamo in città reali, grazie anche ai consigli pratici di Paolo Mazzoni, ma scelti nello spirito del mio viaggio: andiamo dove ci piace, non dove è di moda andare.”
Un viaggio nella storia?
“Un giorno, un americano mi fermò in Piazza del Popolo a Roma. Mi chiese: ‘Quale bus per il Ben Hur Stadium”? Era sicuro che io comprendessi il suo inglese e il suo desiderio. Spero di avergli consigliato il numero giusto, per il viaggio, due chilometri, e duemila anni, dal traffico del XXI secolo alle bighe”.
I turisti sono incuriositi dai film.
“No, non mi prendo gioco del turista texano, cui devo la prima idea di questo libro”.
E la seconda? 
“La storia è fatta di storie, anche quelle dei féuilleton e delle pellicole di Hollywood, che poi sono la stessa cosa. Alcune restano e diventano più vere della realtà perché le inventarono Balzac o Cecil B. DeMille, Agatha Christie o Thomas Mann”.
Lei vuole suggerire anche un viaggio letterario?
“Perché no? Quale sarà la nostra Normandia? Quella del 6 giugno 1944 o Cabourg, la Balbec della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust?”
Scelgo Proust.
“Chi ha fortuna ed è disposto a un sacrificio economico, può passare una notte al Grand Ho^tel nella camera 414: quella di Proust”.
Me la descriva.
“L´ho trovata come nel libro: la marea crescente dell’Atlantico si rifletteva nei vetri della libreria. Un capriccio caro, ma gustare un aperitivo al bar, come Marcel, costa pochi euro”.
Feticismo, voyeurismo? 
“Conoscere i luoghi dove ha vissuto uno scrittore o un pittore serve a capire un quadro, un romanzo. E attraverso un libro o un film a stabilire un rapporto tra noi e ciò che ci circonda.
Ora si parla della Francia di Macron. Il suo può essere anche un libro politico?
“Senza dubbio. Anzi è il fine del mio saggio sull’Europa. Riscoprire i legami che, tra contraddizioni e malintesi, legano noi europei”.
Non parli come Macron e Monti, la prego.
“Tutti sanno che cosa vedere a Parigi. Perché non cercare il ponte dove Jules e Jim e la loro Kate si inseguono felici nel film di François Truffaut?”
Già, perché? 
“Perché il film deriva dal romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché, che racconta una storia vera, uno dei tanti intrecci che formano l’Europa. Jules e Jim corrono verso il futuro sul Pont de l’Europe”.
Dal film di Truffaut lei passa a De Gaulle, che a Colombey-les-deux-Eglises, ospita Adenauer. 
“Sono stati due padri della nostra Unione, superando un passato relativamente recente di guerre”.
Passiamo al Belgio.
“A Bruxelles, innanzi al palazzo Berlaymont, sede e simbolo dell´Ue, si pensa agli eurocrati o a settant’anni senza una grande guerra? Mai un periodo così lungo nella sua storia europea e ciò anche grazie a Jules e Jim.”
Il Belgio è sottovalutato dagli italiani.
“Ma non è un paese noioso, se viaggerete attraverso la storia. Da Bruxelles, Waterloo si raggiunge in tram. Il 18 giugno 1815 Napoleone perse, forse perché pioveva a dirotto, e la storia cambiò”.
Altro del Belgio?
“Si visita Liegi in compagnia di Simenon, che vi nacque e se ne fuggì a Parigi senza riuscire a dimenticarla. Il Belgio ha il fascino delle canzoni di Jacques Brel. O di quelle di Salvatore Adamo, figlio di un siciliano emigrato per lavorare in miniera. Elio De Rupo…
… Quello che nel 1994 non strinse la mano a Tatarella perché fascista.
“Ma anche quello che, figlio di un emigrato abruzzese, tra 2011 e 2014 è stato primo ministro del Belgio”.

mercoledì 14 giugno 2017

il piccolo principe e la rosa




      Fernanda Mancini, Infanzia 2, acquarello, inchistro, stoffa, su cartone, 55x45

"Se invece di nascondere le proprie lacrime, la rosa avesse pianto, se lei e il piccolo principe avessero potuto parlare e condividere il loro dolore, senza nascondersi dietro un malinteso senso dell'orgoglio, avrebbero potuto maturare insieme. Ma quando non si è maturi, parlare è quasi impossibile".
(Marie-Louise von Franz, L'eterno fanciullo. L'archetipo del Puer Aeternus, p.85)



#pueraeternus #vonfranz #ilpiccoloprincipe #Jung #anima #infanzia
#babini #cielo #portadelcielo #bardotrödöl #tibet

giovedì 8 giugno 2017

poesia - intervista a vincenzo mascolo




Il 3 giugno alla libreria di Trieste TS360 (srl – Tržaško knjižno središče – Centro triestino del libro) Alessandro Canzian, delle edizioni Samuele, ha organizzato un incontro con Vincenzo Mascolo, per parlare di "Ritratti di Poesia", la manifestazione di poesia che si svolge a Roma ed arrivata nel 2017 alla 11 edizione.

"La rassegna “Ritratti di Poesia”, scrive Emmanuele Francesco Maria Emanuele, fondatore della manifestazione,  è  nata come momento d’incontro per una ristretta élite di addetti ai lavori ed appassionati del genere, è cresciuta edizione dopo edizione diventando una manifestazione conosciuta e attesa dal grande pubblico romano e non solo, nonché un evento di richiamo internazionale. All’origine di tutto, vi è il mio personale convincimento che in Italia la poesia dovesse avere la medesima visibilità e fruibilità delle altre forme artistiche (le arti visive, il cinema, il teatro, la musica, la danza), attraverso un appuntamento in grado di arricchire in modo originale l’offerta culturale della città e del Paese. In questi anni abbiamo coinvolto in misura via via sempre maggiore le scuole, abbiamo favorito la diffusione della poesia contemporanea tra i giovani, abbiamo creato suggestivi momenti di contaminazione fra la poesia e le altre espressioni artistiche ed abbiamo favorito la conoscenza in Italia e a Roma dei più significativi autori stranieri in attività, contribuendo a diffondere a tutto tondo la cultura della poesia, arte per la quale ho un’attitudine ed una passione particolari. I risultati di pubblico e critica finora raggiunti sono più che lusinghieri e ci esortano a continuare, con sempre maggiore entusiasmo e convinzione, sulla strada intrapresa".


Intervista a Vincenzo Mascolo






D - Come è nata l'idea di questo incontro triestino?

R - L’idea dell’incontro è nata da Alessandro Canzian, che con la sua “ Samuele editore” già dallo scorso anno organizza un ciclo di incontri poetici a Trieste. “ Una scontrosa grazia”, titolo del ciclo di incontri, è un verso di Umberto Saba: “Trieste ha una scontrosa grazia”
D - Prevedi un progetto comune con l'editore Samuele?

R - Al momento non ho progetti comuni con Samuele editore, né prevedo progetti comuni con altri editori. Ritratti di poesia mi impegna notevolmente e in questo periodo sto seguendo anche la pubblicazione del mio nuovo libro, che è in fase di revisione.


D - Nell'incontro di Trieste hai raccontato della tua esperienza di "Ritratti di poesia", che è molto di più di una rassegna di poesia. Un vero laboratorio la cui preparazione dura un anno e che coinvolge, oltre a poeti di tutto il mondo, anche tanti giovani studenti, rassegna che hai ideata e diretta dal 2006. Da questo importante osservatorio sulla poesia in Italia e non solo, sei ottimista circa la ancora scarsa diffusione della poesia  in Italia?

R - Sulle prospettive di diffusione della poesia in Italia non sono né ottimista né pessimista. La poesia è storicamente un’espressione artistica che ha scarsa diffusione. Le ragioni credo siano molteplici. La velocità che domina il nostro tempo, poi, certamente non aiuta la fruizione della poesia, che ha bisogno di una lettura attenta, per non dire riflessiva. Sconcerta, però, che la poesia sia letta pochissimo anche da chi desidera scrivere versi.

D - Hai nuovi progetti al riguardo?

R - Nuovi progetti sulla poesia contemporanea ne ho molti. Difficile, però, realizzarli perché, come ho detto, Ritratti di poesia assorbe gran parte delle energie disponibili. E’ per questo che cerco di far confluire tutti i progetti in Ritratti, anche se in forma appena abbozzata. Hai detto giustamente che la manifestazione è un laboratorio: raccoglie, infatti, tutte le idee e le sperimentazioni elaborate in molti anni di lavoro sulla poesia. La speranza è lasciare tracce di pensiero per il futuro.

D - So che sarebbe oggetto di un lungo discutere, ma potresti dirci quali sono secondo te quelle che (in L'Ombra delle parole) definisci "modalità attuali" della poesia, che tu, sia con le tue poesie sia con Ritratti, cerchi di evitare? Nella tua ricerca poetica ti muovi cercando di evitare le costrizioni poste da una forma prestabilita, e ricerchi piuttosto una forma che non sia separata dal contenuto. Dai un grande valore al contenuto, alla centralità del significato, all'abbattimento degli steccati tra le espressioni artistiche. Come realizzi queste esigenze nell'organizzare Ritratti di poesia?

R - A me sembra che oggi prevalga una poesia troppo asciutta nella forma e nei contenuti, quasi esangue. Personalmente preferisco una poesia più densa, che faccia sentire maggiormente la forza della parola e in cui gli aspetti di realtà, l’osservazione della quotidianità, talvolta si ritirino in disparte per lasciare il posto alla visione, all’astrazione, al sogno e, perché no, alla metafisica. Penso a una poesia in cui vi sia equilibrio tra realtà e immaginazione, tra visibile e invisibile, tra pensiero, etica ed estetica. Cerco di adeguare la mia scrittura poetica all’idea che ho di poesia, ma sono consapevole che, come ha scritto Allen Grossman, la poesia “virtuale”, quella a cui l’autore tende, difficilmente coincide con la poesia “reale”, quella cioè che l’autore riesce a scrivere.

D - Ci racconti come operi concretamente in Ritratti per realizzare queste esigenze?

R - “Ritratti di poesia” non si occupa di queste differenti idee sulle modalità di fare poesia in quanto è un osservatorio sulla poesia contemporanea. Accoglie quindi, e deve farlo, tutte le diverse modalità, nel pieno rispetto della “biodiversità” poetica, che considero comunque una ricchezza culturale. La manifestazione, tuttavia, tende a far interagire le diverse espressioni artistiche, perché credo che l’affermazione dell’arte come momento fondamentale dell'evoluzione sociale e culturale di una civiltà passi anche per questo dialogo tra le diverse espressioni artistiche. Sono convinto peraltro che l’interazione possa rivitalizzare la poesia e aprire nuovi spiragli per il futuro.

D -A Trieste hai fatto qualche anticipazione circa la prossima edizione di Ritratti?

R- Nessuna anticipazione sulla prossima edizione di Ritratti. Preferisco sempre che chi ci segue scopra il programma quando viene reso pubblico.

(Fernanda Mancini)
 
A Trieste Vincenzo Mascolo ha letto alcune sue poesie, tra cui questa:
​IL CIELO DELLA MIA CITTA’  (e di tutte le cose visibili e invisibili)

​XII

Amo il rarefarsi della notte
e il risvegliarsi muto degli eventi,
amo il suono impercettibile del cosmo,
il separarsi occulto delle cose
in atomi e molecole, frammenti
della materia che si ricompone,
sostanza indivisibile del tempo.

Così,
di particelle infinitesime d’inchiostro
amo il turbinare che trasforma
la dura concrezione del silenzio
in altro spazio, in una nuova
forma, pulviscolo di corpi luminosi
che passano attraversano i sentieri
delle città, i reticoli del tempo,
chiarore ineludibile del giorno,
sostanza incorruttibile,
poesia.



              Vincenzo Mascolo, LABORATORIO DI POESIA                    “L’OMBRA DELLE PAROLE”
8 MARZO 2017


Parlare della propria scrittura credo sia sempre difficile. Per me lo è sicuramente, perché i dubbi sulla qualità poetica del mio lavoronon mi abbandonano mai, suggerendomiun pudore che ostacola la condivisione pubblica del suo humus e dei tentativi di poetica. Il timore di non essere in possesso di un apparato teorico adeguato, la pauradi cadere nella trappola dell’autoreferenzialità, la scelta di pubblicare con misura per evitare il rischio di ripetermi inutilmente e la convinzione che i testi possano essere più esplicativi di ogni dissertazione, poi, mi inducono a una presenza particolarmente prudente. Seguo però con interesse ogni riflessione sulla poesia contemporanea perché credo sia necessario un rinnovamento eun superamento delle modalità attuali, che sembrano entrate in una fase di stagnazione. Non so dire quali possano essere le strade da percorrere, né quale sia la destinazione da raggiungere. Avverto, tuttavia, la necessità di una trasformazione, l’esigenza di una poesia che abbia una maggiore ampiezza di sguardo, che sia più energica verbalmente e più attenta al valore semantico della parola.

Prova a muoversi in questa direzione la mia poesia, che corre parallelamente alla ricerca di conoscenza alla quale mi dedico da tempo. Ne è, anzi, strumento privilegiato perché contribuisce in modo rilevanteal lavoro di scavo nella realtà, personale e del mondo circostante, di cui quella ricerca si nutre. Inevitabili le interazioni e le reciproche influenze tra scrittura poetica e studio della conoscenza. Così gli aspetti strettamente letterari e stilistici assumono un minore rilievoe, affrancato da codici, canoni e altri orpelli, mi sento libero di scrivere utilizzando registri diversi, combinando io e non-io, ordinario e sublime (per usare una terminologia cara a Adam Zagajewski), materia e spirito, scienza e umanesimo, forma chiusa e verso libero, rima e prosa. La mia ricerca, del resto, tende a ridurre a unità il duale nel quale siamo immersi.E la poesia che ne scaturisce non può non rappresentare questa volontà di unificazione, che cerco di esprimere restituendo centralità al significato,in un (difficile) equilibrio tra pensiero, etica e estetica. Anche il linguaggio è parte di questa idea: lo immagino asciutto, terso, essenziale e denso, lontano da stilemi e arcaismi, quotidiano, ma comunque in grado di restituire quella musicalità alla quale, secondo me, anche il verso libero e quello prosastico non dovrebbero mai rinunciare. Un linguaggio improntato alla chiarezza, che possa sostenere anche testi molto discorsivi e, nel contempo, permettere al significato di essere il protagonista del testo.



La poesia di Umberto Saba da cui il titolo degli incontri triestini curati dall'Editore Samuele     
    
  TRIESTE di Umberto Saba

     "Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
 
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,                                              
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva."


LINK:
http://www.fondazioneterzopilastro.it/comunicati/ritratti_poesia_2017/)

http://www.samueleeditore.it/una-scontrosa-grazia-vincenzo-mascolo-foto/

#vincenzomascolo  #ritrattidipoesia  #poesia  #umbertosaba  #inventaeventi  #laboratoriodipoesia  #samueleeditori

martedì 23 maggio 2017

attraverso la francia, senza dimenticare il belgio, di roberto giardina


recensione di vogliadifrancia.it al libro di roberto giardina "attraverso la francia, senza dimenticare il belgio" 

http://www.vogliadifrancia.it/2017/05/23/francia-una-guida-sentimentale/

Il turismo culturale, tematico, ha le sue guide. Attraverso la Francia, senza dimenticare il Belgio, di Roberto Giardina (Bompiani, pp. 418, 28 euro), appena arrivata in libreria, è una delle più riuscite, perché frutto di una ricerca vera ma soprattutto di un concept originale, che ripercorre la tradizione dei taccuini e dei romanzi di viaggio attingendo a piene mani da un vasto repertorio storico-letterario e cinematografico, puntualmente citato (in questo senso l’opera è una meta-guida), ma operando poi scelte precise che stimolano l’immaginazione e offrono concreti spunti per un weekend o una vacanza itinerante in alcune delle più belle e famose regioni francesi: dalla Costa Azzurra alla Provenza, dalla Piccardia alla Lorena, dalla Bretagna alla valle della Loira, dalla Borgogna alla Normandia senza dimenticare la Corsica. E naturalmente Parigi, cui sono dedicate parecchie pagine.
Se è oggi è pacifico che il il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Proust), questo tipo di approccio coglie nel segno, in quanto provoca, come effetto collaterale della lettura, nuove, autonome visioni. Molto opportuna l’idea di Giardina, giornalista-scrittore palermitano basato in Germania, a Berlino (con un passato di corrispondente e inviato speciale da Parigi), di includere nella sua “guida sentimentale” anche una sezione dedicata a Bruxelles e al Belgio, alla sua parte francofona, in continuità culturale e geografica con il côté francese, che resta preponderante. Come un discorso parallelo, le tenui illustrazioni acquarellate di Alessandra Scandella impreziosiscono il racconto con immagini evocative, di grande fascino.
Di ogni itinerario vengono forniti in apertura i personaggi e i luoghi che vi compaiono e a seguire un piccolo apparato informativo che giunge fino al dettaglio delle indicazioni pratiche per il viaggiatore. Si rivela utile, per una lettura non lineare della guida, anche l’indice analitico che completa il volume, promosso a pieni voti.

mercoledì 5 aprile 2017

...tracce...

jung "dovette cedere al suo daimon e affrontare il viaggio ad interiora terrae. prese la penna e il foglio bianco e lasciò che il daimon guidasse la sua mano. così nacquero i 'septem sermones ad mortuos', forse il punto più alto della riflessione di jung sul divino e sul selbst. qui lo jung mantis ha la meglio sul profétes,  il linguaggio è saturo di dei e cela le tracce del mistero nell.atto stesso in cui vuole rivelarlo. l.anima vivente parla la propria lingua senza lasciarsi opacizzare o ischeletrire dal balbettare psicologico che, eccessivamente preoccupato della propria vis reflexiva, ricorre a un linguaggio non intuitivo, che finisce per invischiare nelle proprie reti grevi l.essenzialità ambigua e polisemica del nucleo intuitivo originario"
(angelo tonelli) 







venerdì 10 marzo 2017

il 3 febbraio 2017 a "ritratti di poesia", in colloquio con vincenzo mascolo

il 3 febbraio 2017 a "ritratti di poesia", in colloquio con vincenzo mascolo


https://www.youtube.com/watch?v=79ia5W3oRjI


fernanda mancini, trittico bosco


domenica 19 febbraio 2017

liquefare l.immobile

                                   

                               


" in tale relazione compenetrativa ogni irrepetibile singolarità è salvaguardata, e nello stesso tempo i suoi confini sono come aperti e fluidi, non si rinserrano in fissa identità. il volto di ciascuna cosa è quello e non altro, ma gli occhi della mente vi vedono in trasparenza tutto ciò che esso, così esponendosi, in sé nasconde come sua propria fibra segreta".
(vittorio tamaro)

martedì 7 febbraio 2017

Il mio progetto di tripeditrip, liquefare l'immobile, a "Ritratti di poesia"


Dal blog www.vincenzomaddaloni.it riprendo l'articolo di Filippo d'Aragona sulla mia partecipazione alla manifestazione "ritratti di poesia", che per l'undicesimo anno ha avuto luogo a Roma in Piazza di Pietra il 3 febbraio 2017

          In viaggio con Tripeditrip al Tempio di                  Adriano


  A “Ritratti di Poesia” il grande appuntamento romano ideato e realizzato da Vincenzo Mascolo  una giornata dedicata all’incontro tra le arti con  Fernanda Mancini che espone il suo “Liquefare l’Immobile” a conferma che  l’incontro tra Oriente e Occidente è possibile 

Una delle opere di Fernanda Mancini esposta al Tempio di Adriano. La manifestazione “Ritratti di Poesia” è organizzata da Vincenzo Mascolo, Carla Caiafa, Inventaeventi e dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo presieduta dal professore Emmanuele Francesco Maria Emanuele
di Filippo D’Aragona
Quest’anno una novità a “Ritratti di Poesia”, il grande appuntamento romano che il 3 febbraio ha avuto luogo per l’undicesimo anno consecutivo nella prestigiosa sede del tempio di Adriano. Una giornata interamente dedicata alla poesia nazionale e internazionale. Ma non solo, quest’anno infatti Vincenzo Mascolo, ideatore e conduttore della manifestazione, ha voluto dare un segno diverso, un’indicazione di apertura all’incontro tra le arti, un invito garbato a saltare gli steccati, e lo ha fatto invitando l’artista visiva Fernanda Mancini, che già nel 2015 aveva ricevuto qui il primo premio per la poesia “Come la Rosa”.
Che l’arte, come dice il filosofo Massimo Cacciari, non abbia più nulla di nuovo da dire, può forse dipendere dalle settorialità in cui le diverse arti sono state confinate? Forse nasce di qui l’invito di Mascolo a Fernanda Mancini ad esporre il suo “Liquefare l’Immobile”, quattro lavori scelti tra quelli esposti alla Fondazione Ebert di Berlino nello scorso dicembre, e che l’artista definisce “un tentativo di riallacciarsi alla tradizione del Gesamtkunstwerk, realizzando un progetto di opera unica, e non di mera giustapposizione, tra poesia, musica e pittura”.
In liquefare l’Immobile Fernanda Mancini ha lavorato, e “continuo a lavorare visivamente, ci dice, sulla poesia Tripeditrip del cinese Gu Cheng e la musica che il suo connazionale Peng Yin ha composto su di essa, un lavoro puntuale e anche libero in cui musica pittura e poesia, ma anche l’Oriente e l’Occidente si avvicinano, riscoprono le comuni radici, in un confronto che proprio salvando e attraversando le diversità, ritrova soprattutto nei simboli e nella facoltà immaginativa la sorgente del comune abitare il mondo”.
In questo modo liquefare, come scrive Mascolo, “perde la connotazione negativa propria delle teorie di Zygmunt Bauman e assume un significato positivo, la speranza dell’abbattimento di tutte le frontiere, fisiche e interiori”. Gesamtkunstwerk dunque come pratica di un interrogarsi comune sul mondo e noi stessi, tornando spietatamente senza compromessi alle scomode radici del silenzio.










#Ritrattidipoesia  #Cheng  #

mercoledì 1 febbraio 2017

documentazione - ultime fasi della preparazione a "ritratti di poesia" 2017

dopo il premio di "poesia 140", che ho vinto nel 2015, anche quest.anno parteciperò a "ritratti di poesia" (v.www.inventaeventi.com). presenterò con un taglio speciale pensato per l.occasione, il lavoro fatto a coniugare musica poesia e immagine, in un colloquio nel primo pomeriggio con vincenzo mascolo, accompagnata dalla musica "tripeditrip" di peng yin. inoltre esporrò alcuni lavori. 
"ritratti di poesia" è dedicata quest.anno agli alberi, alla natura, il mio intervento specifico è nel segno dello scioglimento delle barriere preconcette, e nel segno della affermazione delle identità, nel contesto in cui natura è pienamente materia e spirito, apparenza e fondo, coscienza e inconscio.



















venerdì 13 gennaio 2017

storie di fillo


Libro Storie di Fillo Marcella Mancini


un racconto che semplicemente è, in quanto è stato posto.
il suo stare vuole
estraniare
turbare
interrogare
alludere
chi cerca trova la ricchezza che possiede
chi si lascia turbare possiede una certa precomprensione della ricchezza e l.energia del cercare.

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presentazione della casa editrice aletti

In una realtà immaginaria, ma non difficile da immaginare, si trova il paesino di Nonloso dove singolari norme regolano la società nonlosoniana. Qui abita Fillo con la sua famiglia. Fillo è un ragazzo che vive tutte le contraddizioni e le fantasie della sua giovinezza. Ama stare con gli amici ma spesso preferisce la solitudine della casetta sul fiume Mundung. Ed è lì che un giorno la sua esistenza subisce un forte scossone dal quale sembra non potersi più riprendere. Genitori, amici sono tutti preoccupati persino il cane prova compassione per lui. Solo Fillola, la sorellina minore, non si preoccupa più di tanto, Fillo non è certo il fratello che avrebbe voluto.
Ora ne è ucita la versione kindle

sabato 7 gennaio 2017

una nota sulla performance di beuys


la performance di beuys è azione simbolica, che mostra, dice più di quanto lasci vedere. essa crea un sentimento di appartenenza tra chi guarda e ciò che si offre allo sguardo: performer scena oggetti. un sentimento di coappartenenza che non ha nulla a che vedere con il sentimentale e l'emozionale, ma che compete alla sfera della memoria collettiva e del sacro. la performance di beuys è atto rituale.




Il tedesco Joseph Beuys è un artista molto controverso. Il suo lavoro comprende disegni, sculture, oggetti e performance. Le sue performance sono probabilmente le più difficili da capire. Un esempio è la sua azione "Coyote",
Mi piace l'America e io piaccio all'America". Si recò in America in aereo e atterrò all'aeroporto di New York il 21 maggio 1974. L'azione è già iniziata lì. Si era completamente avvolto nel feltro per non vedere nulla dei dintorni. Fu poi portato in ambulanza alla René Block Gallery, sempre a New York, dove si svolse il resto dell'azione.
È stato chiuso in una stanza separata, insieme a un coyote americano chiamato "Little John", per la durata di 3 giorni e 3 notti. In questa stanza, archiviava quotidianamente l'ultima edizione del Wall Street Journal e impilava fogli di feltro. Era anche dotato di guanti, un bastone da passeggio e un triangolo, che suonava di tanto in tanto. All'inizio il coyote era aggressivo e insicuro. Ma con il tempo, arrivò a fidarsi sempre di più dell'umano e si avvicinò a lui. La relazione divenne sempre più intima. Beuys si è sdraiato sul letto di paglia che in realtà era destinato al coyote, e l'animale, invece, ha dormito sulle edizioni del Wall Street Journal. Quando gli dovette dire addio, abbracciò il coyote a sé e poi sparse la paglia per tutta la stanza. Alla fine dell'azione, si è fatto avvolgere di nuovo nel feltro, come aveva fatto all'inizio, e portare all'aeroporto in ambulanza.
Così non aveva visto nulla dell'America durante l'azione se non la stanza separata della galleria. Come ragione di ciò, disse in seguito che voleva concentrarsi interamente sul coyote e quindi non voleva vedere nient'altro di New York. Secondo l'artista, il coyote vuole simboleggiare i nativi americani e il loro legame con la natura. Per gli indigeni, il coyote è un animale sacro, che significa potere e trasformazione. Viene addirittura elevato allo status di divinità. Per "l'uomo bianco", invece, il coyote è il contrario. Qui incarna qualcosa di sporco e indomabile. Joseph Beuys si è adattato consapevolmente alla routine quotidiana dell'animale durante la sua azione, in questioni come l'assunzione di cibo o i periodi di riposo.
Tuttavia, l'artista ha condannato l'interpretazione e l'auto-interpretazione come "non artistiche", motivo per cui non ha interpretato le sue opere, per cui esse sono di difficile accesso per gli altri.
Anna Müller
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Der Deutsche Joseph Beuys ist ein sehr umstrittener Künstler. Sein Werk beinhaltet Zeichnungen, Skulpturen, Objekte und Performances. Wobei seine Performances für andere wohl am schwersten zu begreifen sind. Ein Beispiel dafür ist seine Aktion ’Coyote,
I like America and America likes me’. Dabei reiste er mit dem Flugzeug nach Amerika und landete am 21. Mai 1974 in New York am Flughafen. Schon dort begann die Aktion. Er ließ sich ganz in Filz einwickeln, damit er nichts von der Umgebung zu sehen bekommt. In einem Krankenwagen wurde er dann zur Galerie René Block, die ebenfalls in New York ist, gebracht, wo der Rest der Aktion stattfand.
In einem separaten Raum wurde er, zusammen mit einem amerikanischen Kojoten, namens „Little John“, für die Dauer von 3 Tagen und 3 Nächten eingeschlossen. In diesem Raum ordnete er täglich die neueste Ausgabe des Wall Street Journal und stapelte Filzbahnen. Außerdem war er ausgestattet mit Handschuhen, einem Spazierstock und einer Triangel, die er von Zeit zu Zeit spielte. Zu Beginn war der Kojote aggressiv und verunsichert. Aber durch die längere Zeit, die er mit dem Künstler verbrachte, fasste er immer mehr Vertrauen zu dem Menschen und näherte sich diesem an. Die Beziehung wurde immer inniger. Beuys legte sich auf das Strohlager, das eigentlich für den Kojoten vorgesehen war, und das Tier dagegen schlief auf auf den Ausgaben des Wall Street Journal. Als er sich verabschieden musste, drückte er den Kojoten an sich und verstreute anschließend das Stroh im ganzen Raum. Zum Abschluss der Aktion ließ er sich, wie bereits zu Beginn, wieder in Filz einwickeln und im Krankenwagen zum Flughafen bringen.
Er hatte also während der Aktion nichts von Amerika gesehen, als den separaten Raum der Galerie. Als Grund hierfür sagte er später, dass er sich ganz auf den Kojoten konzentrieren wollte und deswegen nichts anderes von New York sehen wollte. Nach Aussagen des Künstlers soll der Kojote die Ureinwohner Amerikas symbolisieren und deren Verbundenheit zur Natur. Für die Ureinwohner ist der Kojote ein heiliges Tier, er bedeutet Kraft und Wandlung. Er wird sogar zur Gottheit erhoben. Für “den weißen Mann” ist der Kojote dagegen das Gegenteil. Er verkörpert hier etwas Schmutziges und Unzähmbares. Joseph Beuys hat sich bewusst während seiner Aktion an den Tagesablauf des Tieres angepasst, in Sachen wie Nahrungsaufnahme oder Ruhezeiten.
Interpretation und Selbstinterpretation verurteilte der Künstler allerdings als ‘unkünstlerisch’, weshalb er seine Werke auch nicht interpretiert hat und sie auch für andere schwer zugänglich sind.
Anna Müller

https://www.kunstimunterricht.de/kurse/12-2-kommunikation/98-joseph-beuys-und-seine-aktion-coyote-i-like-america-and-america-likes-me.html
#beuys #performance  #sacro #coyote