giovedì 20 febbraio 2014

riflesioni sulle opere di calatrava - esposte fino fine febbraio al vaticano



scultura mobile in alluminio e argento



Nella mostra di Calatrava al Braccio Carlo Magno del Vaticano nel 2014, il processo di nascita delle opere dell'artista viene spiegato con il ricorso all'antropologia. Si spiega come, lavorando a partire dall'immagine di un corpo umano o di un dipinto, egli sviluppi un percorso immaginativo e costruttivo che ha poi come esito la definizione finale di una sua opera. Si tratta, si dice, di partire dal dato empirico e personale delle sue capacità immaginative e delle sue conoscenze razionali e, seguendone il percorso, di vedere momento dopo momento come i due fattori si intreccino per giungere al concepimento completo di una chiesa o di un ponte. Calatrava stesso dice di porre l'uomo al centro del suo lavoro.

Secondo me, si tratta di capire e la spiegazione antropologica e l'asserzione dell'artista da una diversa prospettiva, unificante e fondante insieme, nell'ordine della quale entrambe trovino il proprio luogo. E che pure dia la possibilità di colmare lo iato tra idea di partenza e realizzazione finale. Infatti, guardando la chiesa o il ponte, dopo aver osservato l'idea dalla quale l'artista ha preso le mosse, si rimane sconcertati, si avverte uno iato, una frattura è intercorsa, senza che se ne sappia dare giustificazione, non si conosce quando, sotto i nostri occhi, si sia prodotta, quando la catena processuale abbia avuto una torsione e nascosto l'anello mancante. In altre parole, non si vede nel prodotto finale l'idea d'origine. e a riprova, se si guarda la chiesa o il ponte, non si vede, non si intuisce, non si conosce l'idea che l'avrebbe generata.

Conviene allora accantonare l'inizio e concentrarsi su ciò che abbiamo davanti, la chiesa o il ponte, quelle cose che Calatrava ci dona, che ha realizzato. Dimentichiamo la loro origine antropologica, per valutarle piuttosto come cose che sono, che possiamo vedere in quanto si manifestano ponendosi e sottoponendosi al nostro sguardo.

Queste cose, queste forme chiedevano di venire ad esserci, di passare al grado d'esistenza concreta, e Calatrava le ha liberate, o imprigionate per noi rapendole al nostro mondo, così come Rilke, nelle Elegie Duinesi, consegnava la terra nelle mani dell'angelo, cui era sfuggita perché la metafisica aveva eretto un muro cieco tra cielo e terra, ed in esso la spiritualità si era smarrita. Calatrava per catturarle ha usato la propria immaginazione, nutrita di calcolo matematico e fisico, di storia personale, delle sue angustie e gioie di vita. Solo lui poteva farlo, ed ha avuto la forza di farlo.

Il fare che permette la cattura, questo fare che è donare cose e forme, è un fare di altra natura che quello della volontà di volere un ponte, della cultura di sapere come si costruisce, è un fare che è ascoltare. Ascoltare lo spazio, e il movimento dello spazio, il trapassare del ritmo in ottica, in visione e geometria.

Tutto ciò ben si vede nella scultura mobile "Morphing yellow" del 2009. Lamelle di alluminio che lentamente si muovono ad una ad una. E' tutto lo spazio a muoversi trascinato ogni volta dal movimento di una singola lamella, tutto lo spazio attorno a lei cambia, si adegua seguendola, e così trascina con sé gli spazi più lontani, che attendevano, quasi, per trovare collocazione, per trovare quella posizione di luogo che è al contempo definizione, nome. Attendevano per avere il proprio nome, per sapere che cosa sono, per avere la forma che dà vita, e lo può perché fa essere.

Mai dalla cattedrale di New York si indovinerebbe la madonna in trono con bambino del tardo medioevo italiano, né viceversa, o dal volo di un uccello dalle mani di un bambino il prender corpo di un ponte, e tanto meno viceversa dal ponte all'uccello al bambino. E il pittore della madonna a sua volta  non i era posto in posizione di ascolto della forma-concetto che chiedeva di venire ad essere, ascoltava, come si sintetizza nel dire "ascoltare con il cuore"? Ascoltava pronto con le sue mani ed il suo sapere e la sua immaginazione, non era lì a fantasticare cosa potesse fare di fantastico, e che doveva essere così e così, cioè non seguiva la volontà, il sapere come volontà che impone. Calatrava sembra riprendere in mano il lavoro del pittore, dar seguito, forme e corpo a quell ' ascolto (si aprono possibilità nuove di raccordo tra epoche, a far perno sull'arte, che qui però non seguiremo).

 Non c'è passaggio da una cosa concreta ad una idea, e neppure da un'intuizione ( di che? d'altro, l'intuizione è sempre di qualcosa che prima non c'era, a cui noi ci adeguiamo, un sentimento personale che segue cose e regole e connessioni che noi non conosciamo, ma che poi seguiamo - v. descartes davanti al fuoco) ad una cosa concreta, ma c'è l'idea che si fa strada a poco a poco attraverso piccoli passaggi, che la concretizzano per approssimazioni, in cui si fa visibile in forme imperfette, finché infine, contenta di sé, si dispiega nella propria interezza, ma l'dea si coglie ascoltando, seguendo le sue indicazioni, a partire da quella forma indefinibile che chiamiamo intuizione. Al centro del lavoro di Calatrava c'è l'uomo, un uomo in ascolto.

Forse la domanda pertinente è : che cosa si dice, di cosa si parla quando si dice intuizione? quando si dice immaginazione? 
Domande simili si poneva il fisico Pauli quando scriveva : "si pone dunque la domanda di quale sia il 'ponte' tra le percezioni sensoriali e i concetti. Tutti i pensatori ragionevoli hanno concluso che un tale collegamento non può essere effettuato tramite la pura logica. Sembra di gran lunga più soddisfacente postulare a questo punto l'esistenza di un ordine cosmico indipendente dal nostro arbitrio e distinto dal mondo dei fenomeni"

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