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Quello di Parmiggiani non è un silenzio rinunciatario, è una presa di posizione, un ethos radicale, è la fermezza di un’assenza che diventa una presenza ammonitrice. È la responsabilità dell’artista che gli impone di vivere l’arte e la poesia come verità, arte e poesia che in quanto tali divengono l’unica forma di esistenza e resistenza.
Ma la sua non è una resistenza ai tempi,
bensì alla crisi culturale e valoriale che dilaga da molti decenni a
questa parte. Il maestro di Luzzara attinge alla tradizione senza
tuttavia farsi travolgere da un atteggiamento nostalgico o reazionario,
egli crede in «un’eredità spirituale che non deve essere dissipata.» Contemporaneo è tutto ciò che vive in noi ora. «La
mente non sogna in termini temporali, l’arte ancora meno. Beato
Angelico, Caspar David Friedrich sono per me artisti contemporanei» (Claudio Parmiggiani in Una fede in niente ma totale, Le Lettere 2010).
Il Silenzio e il Nulla
Ma la frequentazione che tutti ricordano è quella giovanile nello studio di Giorgio Morandi, e di come Parmiggiani lo ricorda: «nel suo studio si poteva comprendere il significato metafisico della polvere».
È da lui che apprende l’arte del silenzio e, al contrario di ciò che
generalmente si pensa per la loro differenza di mezzi, non è
un’influenza puramente etica, poiché «lo stile... non è una questione di tecnica, è – come il colore per i pittori – una qualità di visione» (Proust). Si allontana radicalmente da Morandi per «un senso di rifiuto all’idea di dipingere un quadro» – si considera un pittore che non fa pittura –, eppure l’etica inevitabilmente si mostra in estetica, egli stesso parla «del silenzio come di una materia» dentro la forma della sua opera.
Le materie
Il fuoco ricorda all’artista il rogo di Giordano Bruno. Pire di libri
accarezzati dalle fiamme e schiacciati da una campana di bronzo,
immagini che suscitano l’eco del fuoco o la sensazione di toccare le
ceneri ormai fredde. Polvere, vetro, fuoco, ombra, pietra, cenere,
pigmento, luce, acciaio, sangue: sono le materie che modella oltre alle
combinazioni poetiche di oggetti comuni. Insieme a Robert Morris nasce Melencolia II,
un’esplosione scultorea dell’omonima incisione di Dürer in una
bambusaia. In un’arena di pietra ci fa percorreew labirinti di vetro
infranto. E poi c’è il Faro d’Islanda, una luce solitaria eretta a illuminare un deserto freddo e buio.
Il Sentimento Religioso
La metafisica di Parmiggiani è senza Dio. Eppure il sentimento religioso è pregnante, non pensa «ad un’arte religiosa ma ad una religiosità dell’arte». Attinge a una profonda spiritualità del gesto artistico, nella materia nuda e tragica. «L’arte è in sé un atto spirituale e una pratica religiosa»,
come per l’amanuense che traccia sempre gli stessi segni sulle stesse
pagine con ferrea devozione. Si potrebbe dire che Parmiggiani sia
inattuale in senso nietzschiano, col suo anomalo – forse anacronistico –
atteggiamento in un’epoca nella quale non sappiamo più pregare, nella
quale «come ciechi camminiamo tra le rovine», e dove sentiamo nient’altro che il «bisogno di ricostruire».
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