mirò e le grandi pareti di ceramica, lavori poco conosciuti e di proprietà di privati. qui di seguito una breve nota sulle modalità di lavorazione usate dall'artista
Die ersten Kacheln missglückten
Bevor der Entwurf auf Keramik übertragen wurde, schuf
Miró mit Kohle und Gouache Entwürfe in Originalgröße, sogenannte
Kartons. In früheren Zeiten wurden Kartons etwa zur Herstellung von
Fresken oder Wandteppichen benötigt. So schuf etwa der
Renaissancemaler Raffael (1483-1520) eine Reihe heute
hochberühmter Kartons mit Szenen aus der Heilsgeschichte. Diese
wurden unter die Webstöcke gelegt und Kunsthandwerker webten danach
die Wandteppiche für die Sixtinische Kapelle. Miró, der bis dahin
kaum im monumentalen Format gearbeitet hatte, wollte sich der
Wirkung seiner Arbeit vorher vergewissern.
Anschließend übertrug Miró diese Zeichnung auf die am Boden liegenden Kacheln. Er malte mit einem Besen aus Palmwedeln. Das Wissen des Keramikers war nötig um die Farben richtig zu verteilen, da diese erst nach dem Brennen sichtbar werden, beim Auftragen handelt es sich bei allen Farben um grauschwarzes Pulver. Die ersten gleichgroßen quadratischen Kacheln missglückten, dann aber ging alles glatt:
Ungeduldig und gespannt
„Artigas hielt den Atem an, als er sah, wie ich den
Besen ergriff und Anfing, die fünf bis sechs Meter langen Motive zu
zeichnen, mit dem Risiko, die Arbeit von Monaten zu zerstören. Der
letzte Brennvorgang fand am 29. Mai 1958 statt. 34 Brennvorgänge
waren ihm vorausgegangen. Wir hatten 25 Tonnen Holz, 4000 kg Ton, 200
kg Glasur und 30 kg Farbe verbraucht. Bis dahin hatten wir die Arbeit
nur in Stücken, auf dem Boden ausgebreitet, gesehen und hatten keine
Gelegenheit gehabt, zurückzutreten, um das Ganze zu betrachten.
Darum warteten wir ungeduldig und gespannt darauf, die kleine und die
große Wand aufgerichtet in dem Raum und dem Licht zu sehen, für die
sie gemacht wurden.“
Le prime piastrelle sono fallite
Prima di trasferire il disegno sulla ceramica, Miró utilizzava carboncino e gouache per creare schizzi a grandezza naturale, i cosiddetti cartoni. In passato, i cartoni erano necessari per la produzione di affreschi o arazzi. Il pittore rinascimentale Raffaello (1483-1520), ad esempio, creò una serie di cartoni, oggi molto famosi, con scene della storia della salvezza. Questi venivano messi sotto i telai e gli artigiani tessevano gli arazzi. Miró, che fino ad allora non aveva quasi mai lavorato in formato monumentale, voleva assicurarsi in anticipo dell'effetto della sua opera.
Miró trasferisce poi questo disegno sulle piastrelle appoggiate sul pavimento. Dipingeva con una scopa fatta di fronde di palma. La conoscenza del ceramista era necessaria per distribuire correttamente i colori, che diventano visibili solo dopo la cottura; quando vengono applicati, tutti i colori sono polvere grigio-nera. Le prime piastrelle quadrate della stessa dimensione non sono andate a buon fine, ma poi tutto è filato liscio:
Impazienza e tensione
"Artigas ha trattenuto il fiato quando mi ha visto prendere la scopa e iniziare a disegnare i motivi lunghi cinque o sei metri, con il rischio di distruggere il lavoro di mesi. L'ultimo forno fu fatto il 29 maggio 1958, 34 l'avevano preceduto. Abbiamo utilizzato 25 tonnellate di legna, 4000 kg di argilla, 200 kg di smalto e 30 kg di colori. Fino ad allora avevamo visto l'opera solo a pezzi, sparsi sul pavimento, e non avevamo avuto l'opportunità di fare un passo indietro per guardare l'insieme. Così abbiamo aspettato con impazienza e desiderio di vedere il piccolo e il grande muro eretti nello spazio e nella luce per i quali erano stati creati".
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