kentridge a roma aprile 2016
mio articolo apparso su www.ildeutschitalia.com
MOSTRA KENTRIDGE al Macro di Roma
Si è conclusa in marzo, alla Gemälde Galerie di Berlino, la mostra di
William Kentridge "Double Vision: Albrecht Dürer & William
Kentridge", e già il 12 maggio, sempre a Berlino, se ne aprirà una sua nuova "No it is!" (dal 12 maggio al
21 agosto), stavolta al Martin-Gropius-Bau, accompagnata da un robusto
programma di letture e performances. Nel frattempo in Italia, da Milano a Roma,
Kentridge è presente in vari appuntamenti, a Milano alla galleria Lia Rumma, a
Roma con una mostra al Macro, lezioni e conferenze al Maxxi e all'Accademia di
Belle Arti, e soprattutto con l'opera realizzata sui muraglioni del
Lungotevere, tutti gli appuntamenti italiani ruotano attorno a questo affresco.
Kentridge è artista
sudafricano bianco, la sua poliedrica attività spazia dal monumentale ai libri,
da filmati che documentano visivamente il processo del suo lavoro mentale
(un'opera esposta alla Gemaelde Galerie rappresentava il tracciato dei suoi movimenti
nello studio, durante la realizzazione di un progetto), alle scenografie
teatrali, famoso in tutto il mondo per il suo impegno politico per i diritti
civili e molto impegnato nella lotta contro l'apartheid. Per i suoi lavori usa
principalmente carta e inchiostro nero.
La mostra al Macro "Triumphs and Laments: a project for Rome"
(curata da Federica Pirani e Claudio Crescentini, dal 17 aprile al 2 ottobre) presenta
i disegni di un progetto colossale, un "affresco" lungo 500 metri
esteso sui muraglioni del Tevere, da ponte Sisto a Ponte Mazzini, rigorosamente
in bianco e nero, nello stile di Kentridge, lavoro impegnativo e fortemente
voluto per celebrare il Natale di Roma, "anche se la parte più difficile
del lavoro - scherza Kentridge in conferenza stampa - è stata proprio quella di
procurarsi i permessi necessari", niente di nuovo evidentemente per
l'auditorio che incassa con antica consapevolezza.
In due grandi sale al Macro sono in mostra i lavori preparatori per
l'affresco, i primi risalgono al 2014, bozzetti realizzati a Johannesburg, a
carboncino su antiche carte contabili, sono di piccole dimensioni con
cancellature lasciate in trasparenza, a segnare il processo creativo
nel suo procedere, arretrare, incertezze e trionfi tutto compreso, una buona
guida per intendere questo lavoro, che ancora una volta mostra l'attenzione di
Kentridge per il lavoro, la fatica manuale del vivere, il lato concreto
dell'azione dell'uomo sulla terra, a ricordare il forte impegno antiapartheid
dell'artista.
"Il mio intento è quello di mostrare
le grandezze e le vergogne di Roma nella sua storia", sottolinea l'artista.
Gli chiedo quali siano le vergogne più significative che ha voluto rappresentare,
pronto e concreto risponde "sono la costruzione del ghetto, l'assassinio
di Giorgiana Masi, le Fosse Ardeatine, l'omicidio di Pasolini, Giordano Bruno,
per esempio".
Sulla parete opposta a quella dei bozzetti, la loro realizzazione in formato
più grande, stavolta ad inchiostro. La tecnica, a vederli da vicino, è
affascinante, carica di lavoro artigianale riporta l'arte all'artista,
all'uomo, alla sua ricerca personale, ai suoi demoni. La carta nera
d'inchiostro è strappata e spesso incollata e incollata di nuovo a strati, testimone
del binomio indissolubile pensiero-materia.
Sulla parete più corta invece si vedono in misura monumentale (esattamente
nelle proporzioni che hanno sui muraglioni) tre colossali figure nere.
Indoviniamo vesti lunghe, a fiori. "Sono le vedove dell'altra parte del
mare nostrum, che piangono i mariti morti nel tentativo di raggiungere
Lampedusa, uguali a tutte le altre simili della storia " mi risponde.
Molti i disegni ripresi dalla colonna Traiana, Cicerone, varie bighe, riaccostati
a figure più o meno attuali con salti temporali a sancirne la continuità. Così nella
folla di immagini strette attorno
alla Renault in
cui è stato rinvenuto il corpo di Moro, c'è santa Teresa in estasi dal Bernini.
iù in là. il tipico pizzardone romano, il vigile urbano, sembra smarrito nel
traffico dei ritorni storici.
La storia di Roma scritta in
immagini, come una volta nelle chiese si illustrava la Bibbia per i poveri che
non sapevano leggere, ma potevano seguire perfettamente l'immagine, immediata
sebbene complessa, accessibile a tutti grazie alla forza polimorfa del simbolo,
al lume che accende nella fantasia. O come le storie intrise di archi e
affreschi dei cicli della gloria carolingia. Stavolta però, segno dei tempi,
non siamo in una chiesa e neppure in un palazzo del potere, ma sulla pubblica banchina
del Tevere e le immagini scorrono monumentali sui muraglioni che gli fanno da
argine. Kentridge non ha ceduto alla seduzione dell'effimero, alle facili proiezioni
di luci e forme per esempio, sull'acqua del Tevere o sui ponti, o a quella del
colore e del gioco. Ha voluto fare un lavoro monumentale e iconico ha voluto
incidere nella pietra i suoi pensieri, a significare solidità e fondatezza, a
dire questi sono i 2769 anni di vita romana, qui c'è stato l'impero il
cristianesimo le persecuzioni gli omicidi e le glorie, tutto ciò non è
veramente passato, il corpo di Remo
giace accanto a quello di Pasolini, entrambi ci sovrastano come declinazioni
della morte violenta e ingiusta e ancora più antica di Abele, Giordano Bruno
brucia ancora sul rogo le vedove di tutti i tempi piangono come prefiche greche
i morti di Lampedusa, nell'intimità siamo governati dal sogno di Apollo e Dafne,
dal bagno di Anita e Mastroianni. Kentridge ha
deciso di invadere il meno possibile, di adattarsi alla pelle della città nel
modo meno invasivo possibile, il risultato è una "pittura di sporco",
difficile definirla altrimenti.
"Una delle difficoltà è stata quella di
trovare una soluzione per i vari tipi di grigio dei disegni, impossibili da ottenere con la tecnica a
lavaggio che ho usato a Roma".
La tecnica impiegata è infatti la pulitura dello sporco depositato sulle
preti, l'effetto ricorda le mani impresse nelle caverne dai nostri primi
antenati, il nero delle ombre a evocare il gioco d'ombre disegnate sulla parete
dalla luce fuori della caverna di Platone, autore amato da Kentridge che lo cita
nelle sue lezioni e nei libri.
L´artista ha sfruttato la massa grigia dell'inquinamento, nella quale
viviamo e che è depositata in noi come sui muri. Con opportune macchine ha
ingrandito e intagliato delle maschere, che poi sono state poste sui muri, ha
fatto poi lavar via lo sporco, ottenendo figure a contrasto in bianco e nero.
Il lavoro è stato eseguito dall'AMA, che si è fatta una grande esperienza
ripulendo le imbrattature dei muri romani. Prevede che in 5 anni il nuovo
inquinamento ricopra le immagini. E' la
condizione dei tempi, immersi nella bambagia grigia, pian piano si smette di
vedere. Ma forse oltre lo smog, anche l'abitudine logora la forza delle
immagini, e quando la visione si appanna è tempo che l'inquinamento ce le
sottragga.
Un lavoro pittorico che si inserisce in un'architettura data, piegandone
la ragione funzionale a nuovi significati, schermo proiettivo della coscienza
critica della città e al contempo memento "dei tempi della grandezza e di
quelli della vergogna". Lo scorrere degli episodi segue il trascorrere dei
tempi,"ma non in modo troppo rigido", asettico, chiarisce l'artista.
Ricorrente sono i cavalli, sempre più piccoli e scheletrici, o al contrario
grandi e aggressivi strumenti
di guerra, a seconda del verso in cui si sceglie diseguire questa parata, che alla percezione di chi guarda si impone con la forza
di ombre sacre, quasi proiezioni di fantasmi interiori emancipatisi nell'architettura
pubblica dei muri-argini. Esse aprono un colloquio pubblico con la coscienza di
ciascuno e di tutti. Parafrasando Jung, ci si potrebbe chiedere a quali
immagini primordiali dell'inconscio collettivo contemporaneo si possano
ricondurre queste colossali figure nere che si impongono alla nostra coscienza
con tanta forza e drammaticità. Icone primordiali in forme materiali e modalità
attuali, le riconosciamo nostre e ci lasciamo emozionare profondamente, le
lasciamo vibrare in noi, la storia che ci narrano non lascia via di fuga
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