Roberto
Giardina
E' un
museo emozionante per chi come me ha cominciato a fare il cronista quando si
stampava con il piombo. Il museo delle lettere a Berlino dovrebbe affascinare
tutti quelli che amano la scrittura e la grafica. Allora si componeva alla linotype,
i linotipisti erano l´élite della classe operaia, lavoravano fianco a fianco
con i giornalisti, e qualche volta capitava di dettare direttamente a loro,
accanto alle macchine che erano delle piccole fornaci.
Imparai
che ogni lettera è diversa dalle altre, non solo per il carattere, ha un peso e
occupa un suo spazio. Una “m” non è una “i”, potrebbe sembrare ovvio, ma il
linotipista calcolava a mente la larghezza affinché le righe fossero uguali.
Poi da un giorno all´altro, all´arrivo del computer sono scomparsi come i
dinosauri. Non si calcola più in righe, ma in moduli. Prima, dovevi calcolare a
mente l´ingombro mentre scrivevi, oggi il laptop ti dice battuta per battuta a
che punto sei. E il sistema rifiuta il pezzo se vado appena un po´oltre. Per
inciso, i linotipisti hanno creato un museo della stampa a Mondovì, in
Piemonte, credo perché solo quel municipio abbia offerto loro lo spazio
necessario. Un museo affascinante come quello di Berlino.
Le
lettere vanno salvate, scompaiono e si estinguono come i panda. Come la “ß”, la
esse forte in tedesco, che suona come una doppia esse ma non proprio
esattamente. L´hanno condannata a morte i riformatori della lingua, sempre per
adeguarsi alle necessità internazionali dei computer. Adesso sono nati “mostri”
con quattro “s” di fila nelle parole composte. Gli scrittori tedeschi, guidati
da Günter Grass, si sono ribellati. Troppo tardi. E si medita di abolire i due
punti, la Umlaut, su la “O”, la “A”, la “U”, che crea una delle poche
difficoltà di pronuncia per gli stranieri che imparano la lingua. Però per i
piemontesi o veneti non sono una sorpresa. Però intralcia nelle comunicazioni
internazionali e nella pubblicità. Le ditte tedesche con un logo in cui
compaiono i due puntini hanno dei problemi, è stato accertato. La prossima
condanna a morte è dietro l´angolo. In molte scuole, imitando gli americani, si
è abolito il corsivo, i bambini imparino a scrivere in stampatello, tanto
quando mai impugneranno domani una penna o una matita? Il computer si usa già
alla scuola elementare. Ma il corsivo era graficamente affascinante, composto
da una linotype. E non andrebbe dimenticato il gotico: fino ad ieri la
“Frankfurte Allgemeine” lo usava solo per un sussulto di eleganza nei titolini
degli articoli di fondo. Nessuno pretende che oggi si legga un libro stampato
in gotico qualche decennio fa, però una lettera in gotico può essere una
piccola opera d´arte. Nei diari di Hitler, trent´anni fa, il falsario Konrad
Kujau usò in copertina una “B” in gotico al posto dell´”H”, e nessuno dei
cosidetti esperti se ne accorse. Uno sberleffo supplementare.
Il
Buchstabenmuseum (in Holzmarktstrasse 66, aperto da giovedi a domenica, dalle
13 alle 17, biglietti 6,50 euro), creato da due signore Barbara Dechant e Anja
Schulze, raccoglie migliaia di insegne e di scritte storiche, cancellate dalle
mode. Com´era la “T” che indicava la rivendita tabacchi? O la “U”, della
metropolitana berlinese?
Sono
esposte in permanenza 350 lettere, alcune sono alte fino a due metri e mezzo, e
pesano un quintale. Cambia lo stile, il colore, ogni “pezzo” a suo modo è
un´opera d´arte unica. Una “E” ha l´eleganza di un quadro simbolista, e arriva
da Parigi, dove faceva parte dell´insegna di “Le Gammar”, uno storico cinema,
dove il regista Quarantino mise in scena parte del suo “Inglorious Bastards”.
Le insegne fanno parte della storia di una città, e cambiano di luogo in luogo,
ma ora si vanno assomigliando tutte, da Helsinki a Canicattì, perché devono
uniformarsi alla grafica dei computer. Per ricordarle domani dovremo andare al
museo.
Nessun commento:
Posta un commento