Hilma Af Klint
L’ho conosciuta nel 2013, quando alla Biennale Gioni le dedicò un grande spazio. Fu una bellissima biennale, unica, perché Gioni lì curò espose e diede giusto risalto, lontano dalla logica dell'evento commestibile-vendibile, non solo al prodotto dell'artista, all'oggetto, ma mise in luce il rotore dell'arte, il misterioso meccanismo per cui dall'operare di un artista nasce l'opera particolare, determinata e al contempo universale, unica. Gioni incluse nel guardare, e necessariamente, la riflessione sulla profondità, dove nascono le opere, tra queste quelle di Af Klint, che diventano così comprensibili, superficie trasparente della grandiosità oltre la cortina dell'apparenza, per la visione di ciò che mostrandosi appare. Operazione che abilita il recupero di un altro occhio, un occhio nuovo - dopo quello rinascimentale, di cui abbiamo perduto conoscienza-coscienza, avendone smarrito le "istruzioni d'uso", cosa che ha a che fare con il cambiamento delle epoche e il movimento delle modalità del nostro stare nel mondo.NON UNA MOSTRA D’ARTE MA DI “CULTURA VISIVA”. COSÌ MASSIMILIANO GIONI DESCRIVE LA SUA BIENNALE, UN PROGETTO CHE AFFRONTA IL TEMA DELL’IMMAGINAZIONE E RIPORTA IN PRIMO PIANO L’INTERIORITÀ DELL’ARTISTA E LA SUA CAPACITÀ DI PRODURRE STORIE, FORME, UNIVERSI. UNA BIENNALE CHE VUOLE SOMIGLIARE PIÙ Ad un luogo propedeutico di conoscenze difficilmente accesibili, perché non occupano le pagine dei giornali, piuttosto che A UNA FIERA-mercato. ARTRIBUNE HA INTERVISTATO L’IDEATORE DEL “PALAZZO ENCICLOPEDICO”, CHE APRIRÀ AL PUBBLICO IL 1° GIUGNO.
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Viaggio al centro dell’immagine. Gioni racconta la sua Biennale | Artribune
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