COME LE PIETRE E GLI ALBERI di Mimmo
Chianese
Un
ciottolo di jaspilite rossa, che risale a 3 milioni di anni fa, fu trovato nel
1925 a Makapansgat. Poco distante da lì, 50 anni dopo, hanno trovato lo
scheletro di un austrolopitechus che
si può supporre abbia raccolto quel ciottolo passando da un ruscello, 5 km più
lontano, dove se ne trovavano altri di quel materiale. Che un ominide, che non
disponeva né di tecniche né ancora di un linguaggio parlato abbia potuto stupirsi,
raccogliere e portare con sé un sasso, non tanto perché bello ma perché forse gli
ricordava un viso simile al suo, e magari per lavorarlo, parrebbe rivelare l'esistenza
di una dimensione estetica precedente al linguaggio di parola. Immaginazione,
pensiero e capacità simbolica ci portano a produrre immagini e a cercarle e in
questo rimando a prendere una forma noi stessi.
Inoltre
quel ciottolo appartiene a quella realtà "innegabile" a cui fa
riferimento il bel titolo Come le pietre
e gli alberi (versi di una poesia di Borges) – oggetti, luoghi, natura - che
colpisce i nostri sensi dall'esterno, e in questo modo risveglia la nostra vita
interiore, aiutandoci a evolvere.
Con
questo nuovo libro Chianese vuole penetrare nella ricchezza fonda della
dimensione preverbale che c'è in ognuno di noi, difficile da raggiungere, dove
corpo e psiche non si distinguono; e arrivare ai fondamenti dell'estetica, intesa
come una necessità esistenziale, per sostenerne la spinta. Il suo interesse infatti riguarda la cura, perché tutto ciò
attraversa sotterraneamente il campo analitico. Questa via lo porta a addentrarsi
nel mistero dell'arte, che non è intrattenimento ma ingrediente fondamentale
della nascita della soggettività, strumento ermeneutico essenziale. Non
sollecita solo la vista, coinvolge tutti i sensi, la memoria, il desiderio, e
per questa via ci tocca.
1. La potenza dell'immagine.
La
psicoanalisi manca di una teoria approfondita sulle immagini, mentre invece la
richiede lo statuto dell’inconscio, che è non verbale e ha rapporto con la
visione: il suo linguaggio è l'immagine. Chianese si chiede come avvicinare
le immagini di un sogno che si scompongono, ricompongono, non temono la
contraddizione, spiazzano il pensiero vigile, senza distruggerle; cosa le
immagini veicolano di vitale, come ascoltare quello che l'inconscio sta comunicando
con la loro creazione. Su questo tema riprende in mano Jung, scelta piuttosto
rara, e la sua convinzione che il significato dell'immagine sia la sua forma. E'
un simbolo pregnante, vicino all'azione, si costituisce autopoieticamente nel
profondo per mediare passaggi psichici. Non si scioglie con un'interpretazione,
è intraducibile nella sua complessa condensazione, non solo di conflitti e
paure radicati nel passato, ma anche di tutte le energie che li combattono, le potenzialità
evolutive dell'individuo, che tende per natura a realizzare la sua
individuazione. L'attività onirica è una costruzione creativa come il gioco: un
esercizio preliminare, una preparazione, indica un futuro ancora non visibile, che
non sappiamo ancora leggere. Chianese si lascia interrogare da tutto questo, e
pensa che se ci rendiamo conto dello statuto polivoco dell’immagine e della sua
logica particolare, dobbiamo affrontare una svolta riguardo al modo in cui
avviciniamo le immagini del sogno e il loro senso. Pensiamo per immagini, l'arte
proprio a questo deve il suo potere di generare in noi un modo diverso di
guardare, di immaginare, di organizzare l'esperienza. Chianese esprime il
bisogno di un cambiamento profondo quando scrive: "Non credo più al potere
del linguaggio… confido sul figurabile… sullo spazio analitico come un apparato
per vedere... ".
E
allora fa un passo indietro: come si impara a guardare? Quali sono i fondamenti
della nostra dimensione estetica?
Va
di nuovo a cercare l'inesauribile Winnicott, osserva come è speciale la qualità
della condivisione corporea della madre nel gioco reciproco di sorrisi,
vocalizzi, esagerazioni, movimenti ritmici, che regala al bambino, insieme al
suo affetto, la gioia dell'essere. E' in quella condivisione e intima sintonia che
si sperimenterebbero i primi momenti estetici di gioco e di piacere, che si
riattivano quando scopriamo in seguito l'oggetto estetico. Chianese si sofferma
a lungo su queste prime esperienze buone sensoriali della vita preverbale, dove
riconosce l'indissolubile continuità tra sensi, corpo e psiche, in cui si
costruiscono anche le premesse di un linguaggio simbolico fondato
sull'autenticità. E questo lo fa riflettere a come dovrebbe essere lo spazio
intermedio tra analista e paziente, a come trasporre questa reciprocità e
scambio dove l'immagine non deve tradursi in concetto, ma dare spessore all'essere.
Come analisti il nostro compito è alimentare ciò che di vivo è nell'individuo,
la sua specifica diversità. Senza il sostegno di questa accettazione che nutre
di fiducia la sua creatività, dice Chianese le esperienze intense e difficili del
silenzio, della mancanza, del vuoto, che, sebbene disorientanti, sono però
necessarie al sorgere di nuove immagini e idee personali, non sono vivibili.
2. la potenza della realtà
Stefania Salvadori
L'arte di guardare non è quindi un'acquisizione adulta, si impara con
la madre che si immedesima nello stupore
del bambino mentre scopre la realtà,
quello che Chianese chiama l'incanto del mondo, e battezza così il suo senso di
essere creativo. Il bambino esplora e percepisce subito fra tante cose, con la stessa
intensità di sensazioni del piacere artistico, quello che lo colpisce e che lo
interessa. La sua percezione è già una creazione.
E con l'arte di guardare, che comincia appunto con la scoperta-creazione
degli oggetti, odori, forme, colori, e prosegue per tutta la vita con quello
che ci innamora, ci emoziona della realtà, Chianese ci parla in pagine belle dell'importanza
grande che ha per la nostra vita interiore l'ambiente non umano, vivente e non
vivente, la relazione con gli oggetti, le case, i luoghi, la natura. I bambini
manipolano le cose per pensare. E Chianese suggerisce che anche il bisogno di
oggetti transizionali tra realtà e fantasia di fatto non finisca mai.
Abbiamo
bisogno del contatto con le cose come abbiamo bisogno della natura, che
sentiamo con tutti i sensi e a cui siamo collegati inconsciamente, che cura con la sua bellezza il nostro benessere interiore senza
che ce ne rendiamo conto, e allevia i nostri dolori.
Saper
guardare cogliendo il valore anche di quello che sembra qualsiasi ci aiuta a
vivere. Scopo di un'analisi, secondo Chianese, è ridare forza alla dimensione
estetica che tutti possediamo, alla potenza creatrice che dimora in noi, la
capacità di creare con il nostro sguardo il significato del mondo. Estetica ed
etica aprono entrambe ai valori e al senso.
Conclude
col pensiero che la psicoanalisi è al servizio della vita, e la vita psichica è
così complessa, che è necessario accogliere e riflettere le intuizioni di tutti
i pensatori che contribuiscono a capirla. Aprirsi ascoltare imparare.
Stefania Salvadori
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