Articolo di Fernanda Mancini da Il nostro Tempo
18 Ottobre 2009 Berllino
| Una grande retrospettiva al Museo Martin Gropius celebra il Bauhaus a novant’anni dalla sua nascita .
Berlino festeggia i 90 anni del
Bauhaus con una grande mostra
al Martin Gropius-Bau. Oltre mille
pezzi esposti, alcuni assai rari,
altri per la prima volta accessibili
al grande pubblico, come la «Sedia
Africana» di Marcel Breuer e
Gunta Stölzl realizzata nel 1921
ma riapparsa soltanto nel 2004 e
il «Totenhaus der Frau», il sarcofago
di ispirazione egizia che
Schreier progettò per la moglie
nel 1920 e riapparso nel 2002.
Molte anche le nuove pubblicazioni
e, tra queste, di particolare
interesse, la raccolta curata
da Cristoph Wagner «Esoterismo
al Bauhaus. Una revisione
del Moderno?». Mentre dal catalogo,
pur tra le molte e nuove
informazioni, emerge una
lettura aderente al modello
convenzionale del movimento,
il libro, che raccoglie contributi
di studiosi da anni impegnati
in ricerche negli archivi e tra
le carte degli esponenti del
Bauhaus, apre orizzonti culturali
tanto nuovi da suggerire
una revisione della ricezione
tradizionale del gruppo ruotante
intorno a Walter Gropius,
fondatore e capo carismatico.
Il libro tralascia la storia già nota
della Scuola, i suoi confl itti interni
politici e fi losofi ci, per sottolineare
il ruolo avuto da Johannes
Itten nel progetto, da Kandinskij
e Klee, ma poi anche Muche, Schlemmer
e Schreier, e mostrare
come grazie al loro lavoro pratico
e teorico, le radici dell’arte astratta
affondino nella ripresa di temi
antichi, come ad esempio quello
di rendere visibile l’invisibile, della
geometria come ordine spirituale
delle cose, dell’astrologia
come fondamento del cosmo,
del Canone dell’Antico Egitto,
valido sia per la pittura che per la
scultura e le costruzioni.
Un’arte astratta per costruire,
con un linguaggio moderno,
un mondo nuovo che sia anche
in continuità col passato, un
tentativo culturale complessivo
per uscire dalla crisi messa a
fuoco da Nietzsche, alla cui infl
uenza sul Bauhaus è dedicato
un capitolo.
Il Bauhaus nacque nel clima del
dopoguerra, nel 1919. Nella Repubblica
di Weimar lo scontro
politico e l’instabilità sono altissimi.
Ovunque regna sconforto
e disillusione, che si sommano
alla profonda crisi di tutti i principi
sviluppati nella storia dell’Occidente,
una crisi elaborata
in quella fucina dei nuovi tempi
che è stato il XIX secolo. Vi sono
tuttavia anche forti spinte utopiche,
e il Bauhaus è appunto un
progetto fortemente utopico.
Questa “scuola non solo scuola”
nasce, infatti, dalla fusione dell’Accademia
d’Arte e della Scuola
di arti applicate di Weimar.
Il suo atto di fondazione fa già
vedere in trasparenza la sostanza
del programma: arti liberali e
applicate si fondono per dar forma
a una nuova fi gura di artista-artigiano,
un “uomo nuovo” per
una “umanità nuova”.
Quanto emerge con forza dal
libro di Wagner è la profondità
e radicalità del progetto culturale
complessivo di Gropius,
progetto che si concretizza a
Weimar, ma ha origine a Stoccarda,
Vienna Monaco, centri
culturali aperti alle reciproche
influenze europee. Al centro
c’è il Gesammtkunstwerk, l’opera
d’arte totale, alla quale pittori
scultori e architetti lavorano
insieme. Gropius ha come modello
di ispirazione il Gotico e la
sua idea di città, di cattedrale, le
arcate mistiche e i campanili alti
fino al cielo. Non a caso, il primo
manifesto della scuola di Lyonell
Feininger nel 1919 reca l’immagine
di una chiesa altissima nel
suo campanile, costruito di luce
celeste in un gioco di riflessi che
congiunge terra e cielo.
La «Sedia Africana» e il «Totenhaus
der Frau», la villa per
Adolf Sommerfeld, esposti
nella mostra, appartengono
anch’essi a questo periodo, e
salta agli occhi la loro profondissima
differenza con le creazioni
di soli pochi anni successive.
Come interpretare questo
cambiamento? Il reclutamento
degli insegnanti è condotto da
Gropius per affinità elettive:
tutti insieme devono formare
una Bruderschaft, una specie
di «congregazione», di stretta
fratellanza, modello già adottato
nel secolo XIX prima dai
pittori «Nazareni» e poi avanti
fino ai francesi «Nabis», gruppo
ruotante attorno a Gauguin.
Gli artisti-membri della congregazione
dovevano leggere
insieme libri di geometria,
astrologia e architettura, fondare
e partecipare a cerimonie
festive indossando abiti particolari.
Un gruppo coeso, per
insegnare e per creare un’arte
nuova: «Il vero architetto
è il pittore» sosteneva Itten,
e così per esempio l’idea delle
pareti a finestra che si vedono
ancora in quel gioiello
di architettura Bauhaus che
sono le case degli insegnanti
a Dessau, arriva direttamente
dal tema delle finestre
cui Paul Klee lavorava
in quel periodo e che con
tutta probabilità gli veniva da
Delaunay, cioè dalla Francia, e la
finestra, come Matisse insegna, è
un passaggio, una trasparenza,
una soglia che divide e anche
mette in contatto due dimensioni.
L’elemento architettonico
parete di vetro è nato dalla ricerca
pittorica di Klee e senza quella
idea non sarebbe stato.
Quando il 12 aprile del 1919
alla seduta del Senato di Weimar,
Gropius dà lettura del
primo collegio insegnanti, i
primi ad essere nominati sono
i pittori Feininger e Itten, che
Gropius aveva conosciuto per
tramite della moglie, Alma
Mahler, intellettuale con tendenze
esoteriche attiva in tutta
Europa. Anche se Gropius diceva
di non capire l’arte astratta
di Itten, gli riconosceva però
una identità di sentire culturale,
tanto da affidargli il delicato
compito della formazione
base degli studenti nel primo
biennio. Un capitolo del libro
è dedicato alla scultura modernissima
di Itten, la «Torre di
Fuoco», esposta alla mostra.
Nel 1923 Itten è costretto a dimettersi,
e nel 1925 il Bauhaus
trasloca a Dessau. Nel 1928
anche Gropius si dimette e la
guida passa agli architetti Hannes
Meyer e poi Van der Rohe
nel Trenta. Il processo è molto
complesso, perché nel frattempo
anche le idee iniziali si sono
sviluppate e lentamente si sono
approfonditi i legami con le industrie.
Ma ancora è un processo
interno e non un cambiamento
radicale. Questo probabilmente
accade con le dimissioni di Gropius:
l’industria, non più tenuta
all’interno di una progettualità
forte, fa valere le sue leggi, e la
tecnica impone pian piano le
sue regole e i suoi tempi. E’ allora
che il Bauhaus si trasforma in
una questione di Stile, funzionalità,
razionalità, effi cienza. Questo
stile farà epoca estendendosi
in tutto il mondo e agendo
culturalmente fi no ai nostri
giorni grazie alla sua diffusione
negli Usa, dove circa 30 di loro
emigrano dopo che nel 1933 la
scuola viene chiusa dai nazisti.
Ma questa è un’altra storia.
Molte domande rimangono
aperte, quelle sulle tappe e i
contenuti dello sviluppo del progetto
iniziale, è stato veramente
sconfi tto oppure c’è stata una
trasformazione, se è cosi quanto
è trapassato negli Usa della
iniziale proposta culturale del
Bauhaus? La storia è ancora da
scrivere, ciò dimostra quanto il
Bauhaus sia ancora vitale.
Oltre mille opere esposte,
tra oggetti di design e
dipinti, da Kandinskij a Klee,
tra lampade, poltrone e sedie.
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