non puoi poetare e la penna
si tramuta in timbro censoreo
posto sulla soglia alle parole
nell’area liminale della notte
che stacca l’ombra dal di più
di luce. Il sole è scuro, il sole è
dietro l’ombre, ricco dei molti
che tutti insieme si passano la palla
giocano tra i fiori anch’essi neri
della luce che non nasconde agli occhi
lìberi lascia e non invade di
timbri permessi e scontatezze
Nomos è regina è dea (femminile Dio)
non un registro o tavola di legno o pietra
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Prendi un appuntamento, Tito mi disse
Non si può entrare in un elenco
se il timore cresce e muove alla strada
irta di buche e colli e nebbia
pollicino si perde e cappuccetto è
mangiata dal lupo - là le sue ossa
e se non ora subito d’improvviso
impulso mai si uscirà dal labirinto
Il rito vuole che danzi e giri fino
a tornare fuori liberata. L’andare
è gioia timorosa dell’incontro
il canto del ritorno grida alle grida:
lasciatela passare
Immàgine mi guida alla tua porta,
specchio sperato dell’incontro vero,
del me nel noi, mediato nella riflessione
che accoglie, Madre Ecclesia,
i molti all’Uno, come ritorno a casa.
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Biografia
Fatto è che pongo immagini
Il punto è di cosa, donde giungono
dove erano o forse stanno.
Sono mìmesi di quale passaggio
Sono il volto di se stesse in me
Chi sono allora io che ritraggo?
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Grazie all'amico Edoardo Silvestroni che ha scritto:
Complimenti, Fernanda! Versi davvero interessanti che si sciolgono lungo la narrazione di un percorso vitale, procedendo per un cammino che si snoda attraverso belle similitudini e delicate metafore e si conclude con quel verso escatologico finale in cui la tua anima intravede la meta e nella quale spera di trovare riposo e sicuro rifugio.
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