Il 25 luglio la tv tedesca ha trasmesso live da Stoccarda la prima del "don Giovanni" di Mozart. Era stata molto pubblicizzata come una nuova messa in scena dentro e fuori il teatro, perché, oltre ad essere trasmessa in tv, sono stati allestiti degli schermi all'aperto ed il pubblico ha risposto numeroso e festante, con banchetti di wurstel ecc.e un intrattenitore qui molto noto grazie ai suoi programmi tv, Harald Schmidt, tra il pubblico nell'intervallo a registrare festa e umori.
La regia di Andrea Moses, coadiuvato da scenografi e costumisti, é molto attualizzante, i cantanti per lo piú giovani e di tutti i colori : Don Giovanni giapponese, Zerlina nera (è corretto scrivere cosí?chissa?!), ecc.In breve Moses ha narrato la storia di un moderno erotomane (ma non bisessuale), che non se ne lascia sfuggire una, cinico e sprezzante, che si diverte a far del male un po' a tutti, per primo Leporello, suo servitore e, si sarebbe detto in altre interpretazioni, non questa, suo alter ego.
La storia, come vuole Mozart, finisce male, ma non come da lui previsto : niente inferno, nessuna sfida all'al di lá, alla metafisica, un suicidio con colpo di pistola alla testa, a conferma dell'indifferenza alla vita, innanzitutto la propria. Cosí come anche il sesso, perseguito senza uno scopo, senza vero piacere, ma invece coazione a ripetere, senza una sfida, non mosso alla ribellione da uno spirito oppresso. Nihilismo puro. Come Don Giovanni, cosí le sue amanti. Non c'é seduzione infatti quando la "vittima" non é tanto consenziente, quanto invece alla ricerca di avventura, purché sia. Sulla scena una umanitá divertente e stanca, senza desideri, aspettative, sogni, idee, neppure quella di "usare" il sesso per...e qui ciascuno metta quel che vuole.
La vita, una farsa che si trascina nella solitudine individuale e abissale di ciascuno e di tutti, costretti nella macchina teatrale perfetta costruita a suo tempo da Mozart secondo una evidente altra logica. In ció Moses attualizza, e risulta evidente proprio nei momenti di maggior stridore con la gabbia drammaturgica mozartiana, e il suo "Don Giovanni" é moderno, cosí per come la maggioranza degli intellettuali concepisce oggi il "moderno", in tutti i campi, e dunque anche in quello artistico. Una "fotografia" nichilistica della realtá, che é la facile interpretazione della vita e della societá, all'interno della quale ci si mette in fila per raggiungere
sovvenzioni e successo. La fotografia é invenzione, interpretazione e non documentazione, come sanno bene i fotografi.
giovedì 26 luglio 2012
sabato 7 luglio 2012
F.M. "La cultura è un nuovo uovo fresco ogni mattina?"
In Germania si discute moltissimo in questi giorni sul futuro della Gemäldegalerie di Berlino, il museo che raccoglie capolavori dell'arte europea dal 14. al 18. sec (e il cui responsabile per la parte italiana è Roberto Contini). Le considerazioni di ordine economico di tutta la faccenda non sono secondarie: l'arte moderna e contemporanea "tira", fa registrare buoni incassi, dunque va promossa. Fin qui tutti d'accordo. Ma va promossa a spese dell'arte precedente, appunto quella della Gemäldegalerie, e qui iniziano i problemi, e le discussioni, gli appelli, la sommossa dei professori. Il museo deve sgombrare dal Kulturforum (lo spazio vicino alla Potsdamer Platz) e le sue sale riempirsi di "oggetti" contemporanei, la cui quantità straripante non è piú possibile contenere nella vicina Nationalgalerie di Mies van der Rohe. La Gemälde dovrebbe emigrare nelle sale del museo della scultura al Bode-Museum, in parte, la maggior parte invece finire negli scantinati, finché non sarà costruito un nuovo edificio atto a contenerla, nei pressi del Bode-Museum. Ma naturalmente ciò significa che almeno ad una generazione sarà negata la possibilità di entrare in contatto con le radici della nostra cultura. La domanda è: ce lo possiamo veramente permettere? Uno degli argomenti dei "nuovisti" è che così si avranno due poli, uno per l'arte moderna-contemporanea, uno per l'antica. Una vecchia utopia, che risorge di tanto in tanto soprattutto a Berlino, e che ha a che fare più con la coazione psicologica classificatorio-burocratica che con fatticità reali: infatti tutta la città è disseminata di musei contemporanei e antichi, riunirli (e qualcuno dopo la caduta del muro aveva proposto anche questo) è impossibile, dispendiosissimo, pazzesco. È ammirevole che si dispongano tanti soldi per la cultura (minimo 200 miolioni di euro), molto meno il progetto di politica culturale che questi soldi sorreggono e promuovono. Fare spazio all'arte contemporanea, certo, ma perché a scapito della cultura? Sarebbe come creare cattedre di inglese sopprimendo quelle di filologia, un non sense. Perché questa febbre di nuovismo brado, di uovo fresco ogni mattina? per pura avidità? per pura stoltizia? Le aste e la crisi, insieme a speculanti attivi e passivi, hanno creato il boom di massa di un'arte sempre più veloce e costosa, ma chi gestisce la cosa pubblica, anche per le generazioni future, non dovrebbe avere uno sguardo più lungimirante verso il futuro e verso quel passato che é stato futuro, invece di pensare che siamo nati oggi? non le "converrebbe" avere uno sguardo storico e basarsi su una teoria della conoscenza non appiattitita sulla riproduzione della banalità del quotidiano (teoria che i migliori tra i fotografi hanno da tempo abbandonato)? perché intendono "converebbe" in senso solo monetario?
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