martedì 20 giugno 2017

intervista a roberto giardina

intervista a roberto giardina a proposito del suo libro "attraverso la francia - senza dimenticare il belgio" (bompiani) apparsa sul blog di barbadillo







Roberto Giardina parla con Maurizio Cabona del suo ultimo libro, “Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio”
Corrispondente da Amburgo e poi da Bonn per La Stampa e ora Berlino per QN e Italia Oggi, Roberto Giardina è stato, prima, corrispondente da Parigi per Il Giorno. Ha osservato quindi le vere capitali del Mec, che all’Italia diede tanto, e quelle della succedanea Ue, che all’Italia sta prendendo tanto…
Sull’Italia di ieri, Giardina ha pubblicato pochi mesi fa il romanzo autobiografico Pfiff (Imprimatur ed.), raccontando i giornalisti dimezzati nella Torino dei primi anni ’60. Ora amplia la prospettiva con Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio (Bompiani, pp. 418, euro 28), che presenterà a Bologna giovedì 8 giugno (Alliance française, via de’ Marchi 4, ore 18); a Genova venerdì 9 (ristorante Il Sogno, via A. Vannucci 3, 7r., ore 18,30)) e giovedì 15 a Milano (libreria Verso, corso di Porta Ticinese 40, ore 19).
Signor Giardina, in copertina leggo: “Viaggiare al tavolo di lavoro, a casa, nei propri ricordi, emozioni, relazioni, nel proprio immaginario…”.
“E´ una citazione francese, ben scelta dall’editore. Certo, questa è una guida per chi non viaggia, ma si può leggerla anche viaggiando. Ma non è una guida per turisti”.
E per chi è?
“Per i viaggiatori”.
Come distingue dal turismo il viaggiare?
“L´arte di viaggiare è perdere tempo. La fretta di vedere tutto ci impedisce di gustare un´atmosfera, che è fatta non solo d’opere d´arte, di monumenti”.
Si spieghi meglio.
“A Parigi le ostriche sono fresche ovunque…”.
… Dunque?
“Ma da Wepler, in Place Clichy, andava Henry Miller, l´autore di Tropico del Cancro”.
E allora lì le ostriche, oltre che fresche, hanno il gusto del ricordo?
“Proprio così. Giustamente, per illustrare il libro, sono state scelti gli acquerelli straordinari di Alessandra Scadella, con un fascino evocativo che ferma l’attimo. Un fascino che una foto non avrebbe”.
Continui.
“In un acquerello si possono mischiare atmosfere diverse: una leggenda e un fatto di cronaca; Barbablù e la Nevers di Hiroshima, mon amour, film di Alain Resnais”.
Torniamo al viaggio.
“Non solo un viaggio immaginario. Viaggiamo in città reali, grazie anche ai consigli pratici di Paolo Mazzoni, ma scelti nello spirito del mio viaggio: andiamo dove ci piace, non dove è di moda andare.”
Un viaggio nella storia?
“Un giorno, un americano mi fermò in Piazza del Popolo a Roma. Mi chiese: ‘Quale bus per il Ben Hur Stadium”? Era sicuro che io comprendessi il suo inglese e il suo desiderio. Spero di avergli consigliato il numero giusto, per il viaggio, due chilometri, e duemila anni, dal traffico del XXI secolo alle bighe”.
I turisti sono incuriositi dai film.
“No, non mi prendo gioco del turista texano, cui devo la prima idea di questo libro”.
E la seconda? 
“La storia è fatta di storie, anche quelle dei féuilleton e delle pellicole di Hollywood, che poi sono la stessa cosa. Alcune restano e diventano più vere della realtà perché le inventarono Balzac o Cecil B. DeMille, Agatha Christie o Thomas Mann”.
Lei vuole suggerire anche un viaggio letterario?
“Perché no? Quale sarà la nostra Normandia? Quella del 6 giugno 1944 o Cabourg, la Balbec della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust?”
Scelgo Proust.
“Chi ha fortuna ed è disposto a un sacrificio economico, può passare una notte al Grand Ho^tel nella camera 414: quella di Proust”.
Me la descriva.
“L´ho trovata come nel libro: la marea crescente dell’Atlantico si rifletteva nei vetri della libreria. Un capriccio caro, ma gustare un aperitivo al bar, come Marcel, costa pochi euro”.
Feticismo, voyeurismo? 
“Conoscere i luoghi dove ha vissuto uno scrittore o un pittore serve a capire un quadro, un romanzo. E attraverso un libro o un film a stabilire un rapporto tra noi e ciò che ci circonda.
Ora si parla della Francia di Macron. Il suo può essere anche un libro politico?
“Senza dubbio. Anzi è il fine del mio saggio sull’Europa. Riscoprire i legami che, tra contraddizioni e malintesi, legano noi europei”.
Non parli come Macron e Monti, la prego.
“Tutti sanno che cosa vedere a Parigi. Perché non cercare il ponte dove Jules e Jim e la loro Kate si inseguono felici nel film di François Truffaut?”
Già, perché? 
“Perché il film deriva dal romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché, che racconta una storia vera, uno dei tanti intrecci che formano l’Europa. Jules e Jim corrono verso il futuro sul Pont de l’Europe”.
Dal film di Truffaut lei passa a De Gaulle, che a Colombey-les-deux-Eglises, ospita Adenauer. 
“Sono stati due padri della nostra Unione, superando un passato relativamente recente di guerre”.
Passiamo al Belgio.
“A Bruxelles, innanzi al palazzo Berlaymont, sede e simbolo dell´Ue, si pensa agli eurocrati o a settant’anni senza una grande guerra? Mai un periodo così lungo nella sua storia europea e ciò anche grazie a Jules e Jim.”
Il Belgio è sottovalutato dagli italiani.
“Ma non è un paese noioso, se viaggerete attraverso la storia. Da Bruxelles, Waterloo si raggiunge in tram. Il 18 giugno 1815 Napoleone perse, forse perché pioveva a dirotto, e la storia cambiò”.
Altro del Belgio?
“Si visita Liegi in compagnia di Simenon, che vi nacque e se ne fuggì a Parigi senza riuscire a dimenticarla. Il Belgio ha il fascino delle canzoni di Jacques Brel. O di quelle di Salvatore Adamo, figlio di un siciliano emigrato per lavorare in miniera. Elio De Rupo…
… Quello che nel 1994 non strinse la mano a Tatarella perché fascista.
“Ma anche quello che, figlio di un emigrato abruzzese, tra 2011 e 2014 è stato primo ministro del Belgio”.

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