domenica 5 giugno 2016

le pareti di ceramica di mirò

mirò e le grandi pareti di ceramica, lavori poco conosciuti e di proprietà di privati. qui di seguito una breve nota sulle modalità di lavorazione usate dall'artista
 
Die ersten Kacheln missglückten
Bevor der Entwurf auf Kera­mik über­tra­gen wurde, schuf Miró mit Kohle und Gouache Entwürfe in Origi­nal­größe, soge­nannte Kartons. In frühe­ren Zeiten wurden Kartons etwa zur Herstel­lung von Fres­ken oder Wand­tep­pi­chen benö­tigt. So schuf etwa der Renais­sance­ma­ler Raffael (1483-1520) eine Reihe heute hoch­be­rühm­ter Kartons mit Szenen aus der Heils­ge­schichte. Diese wurden unter die Webstö­cke gelegt und Kunst­hand­wer­ker webten danach die Wand­tep­pi­che für die Sixti­ni­sche Kapelle. Miró, der bis dahin kaum im monu­men­ta­len Format gear­bei­tet hatte, wollte sich der Wirkung seiner Arbeit vorher verge­wis­sern.
 Anschlie­ßend über­trug Miró diese Zeich­nung auf die am Boden liegen­den Kacheln. Er malte mit einem Besen aus Palm­we­deln. Das Wissen des Kera­mi­kers war nötig um die Farben rich­tig zu vertei­len, da diese erst nach dem Bren­nen sicht­bar werden, beim Auftra­gen handelt es sich bei allen Farben um grau­schwar­zes Pulver. Die ersten gleich­gro­ßen quadra­ti­schen Kacheln miss­glück­ten, dann aber ging alles glatt:
Ungeduldig und gespannt
„Arti­gas hielt den Atem an, als er sah, wie ich den Besen ergriff und Anfing, die fünf bis sechs Meter langen Motive zu zeich­nen, mit dem Risiko, die Arbeit von Mona­ten zu zerstö­ren. Der letzte Brenn­vor­gang fand am 29. Mai 1958 statt. 34 Brenn­vor­gänge waren ihm voraus­ge­gan­gen. Wir hatten 25 Tonnen Holz, 4000 kg Ton, 200 kg Glasur und 30 kg Farbe verbraucht. Bis dahin hatten wir die Arbeit nur in Stücken, auf dem Boden ausge­brei­tet, gese­hen und hatten keine Gele­gen­heit gehabt, zurück­zu­tre­ten, um das Ganze zu betrach­ten. Darum warte­ten wir unge­dul­dig und gespannt darauf, die kleine und die große Wand aufge­rich­tet in dem Raum und dem Licht zu sehen, für die sie gemacht wurden.“

Le prime piastrelle sono fallite
Prima di trasferire il disegno sulla ceramica, Miró utilizzava carboncino e gouache per creare schizzi a grandezza naturale, i cosiddetti cartoni. In passato, i cartoni erano necessari per la produzione di affreschi o arazzi. Il pittore rinascimentale Raffaello (1483-1520), ad esempio, creò una serie di cartoni, oggi molto famosi, con scene della storia della salvezza. Questi venivano messi sotto i telai e gli artigiani tessevano gli arazzi. Miró, che fino ad allora non aveva quasi mai lavorato in formato monumentale, voleva assicurarsi in anticipo dell'effetto della sua opera.
 Miró trasferisce poi questo disegno sulle piastrelle appoggiate sul pavimento. Dipingeva con una scopa fatta di fronde di palma. La conoscenza del ceramista era necessaria per distribuire correttamente i colori, che diventano visibili solo dopo la cottura; quando vengono applicati, tutti i colori sono polvere grigio-nera. Le prime piastrelle quadrate della stessa dimensione non sono andate a buon fine, ma poi tutto è filato liscio:
Impazienza e tensione
"Artigas ha trattenuto il fiato quando mi ha visto prendere la scopa e iniziare a disegnare i motivi lunghi cinque o sei metri, con il rischio di distruggere il lavoro di mesi. L'ultimo forno fu fatto il 29 maggio 1958, 34  l'avevano preceduto. Abbiamo utilizzato 25 tonnellate di legna, 4000 kg di argilla, 200 kg di smalto e 30 kg di colori. Fino ad allora avevamo visto l'opera solo a pezzi, sparsi sul pavimento, e non avevamo avuto l'opportunità di fare un passo indietro per guardare l'insieme. Così abbiamo aspettato con impazienza e desiderio di vedere il piccolo e il grande muro eretti nello spazio e nella luce per i quali erano stati creati".

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