domenica 26 gennaio 2014

dalla germania con amore-roberto giardina-il museo delle lettere




Roberto Giardina

 

 

E' un museo emozionante per chi come me ha cominciato a fare il cronista quando si stampava con il piombo. Il museo delle lettere a Berlino dovrebbe affascinare tutti quelli che amano la scrittura e la grafica. Allora si componeva alla linotype, i linotipisti erano l´élite della classe operaia, lavoravano fianco a fianco con i giornalisti, e qualche volta capitava di dettare direttamente a loro, accanto alle macchine che erano delle piccole fornaci.

 Imparai che ogni lettera è diversa dalle altre, non solo per il carattere, ha un peso e occupa un suo spazio. Una “m” non è una “i”, potrebbe sembrare ovvio, ma il linotipista calcolava a mente la larghezza affinché le righe fossero uguali. Poi da un giorno all´altro, all´arrivo del computer sono scomparsi come i dinosauri. Non si calcola più in righe, ma in moduli. Prima, dovevi calcolare a mente l´ingombro mentre scrivevi, oggi il laptop ti dice battuta per battuta a che punto sei. E il sistema rifiuta il pezzo se vado appena un po´oltre. Per inciso, i linotipisti hanno creato un museo della stampa a Mondovì, in Piemonte, credo perché solo quel municipio abbia offerto loro lo spazio necessario. Un museo affascinante come quello di Berlino.

Le lettere vanno salvate, scompaiono e si estinguono come i panda. Come la “ß”, la esse forte in tedesco, che suona come una doppia esse ma non proprio esattamente. L´hanno condannata a morte i riformatori della lingua, sempre per adeguarsi alle necessità internazionali dei computer. Adesso sono nati “mostri” con quattro “s” di fila nelle parole composte. Gli scrittori tedeschi, guidati da Günter Grass, si sono ribellati. Troppo tardi. E si medita di abolire i due punti, la Umlaut, su la “O”, la “A”, la “U”, che crea una delle poche difficoltà di pronuncia per gli stranieri che imparano la lingua. Però per i piemontesi o veneti non sono una sorpresa. Però intralcia nelle comunicazioni internazionali e nella pubblicità. Le ditte tedesche con un logo in cui compaiono i due puntini hanno dei problemi, è stato accertato. La prossima condanna a morte è dietro l´angolo. In molte scuole, imitando gli americani, si è abolito il corsivo, i bambini imparino a scrivere in stampatello, tanto quando mai impugneranno domani una penna o una matita? Il computer si usa già alla scuola elementare. Ma il corsivo era graficamente affascinante, composto da una linotype. E non andrebbe dimenticato il gotico: fino ad ieri la “Frankfurte Allgemeine” lo usava solo per un sussulto di eleganza nei titolini degli articoli di fondo. Nessuno pretende che oggi si legga un libro stampato in gotico qualche decennio fa, però una lettera in gotico può essere una piccola opera d´arte. Nei diari di Hitler, trent´anni fa, il falsario Konrad Kujau usò in copertina una “B” in gotico al posto dell´”H”, e nessuno dei cosidetti esperti se ne accorse. Uno sberleffo supplementare.

 Il Buchstabenmuseum (in Holzmarktstrasse 66, aperto da giovedi a domenica, dalle 13 alle 17, biglietti 6,50 euro), creato da due signore Barbara Dechant e Anja Schulze, raccoglie migliaia di insegne e di scritte storiche, cancellate dalle mode. Com´era la “T” che indicava la rivendita tabacchi? O la “U”, della metropolitana berlinese?

Sono esposte in permanenza 350 lettere, alcune sono alte fino a due metri e mezzo, e pesano un quintale. Cambia lo stile, il colore, ogni “pezzo” a suo modo è un´opera d´arte unica. Una “E” ha l´eleganza di un quadro simbolista, e arriva da Parigi, dove faceva parte dell´insegna di “Le Gammar”, uno storico cinema, dove il regista Quarantino mise in scena parte del suo “Inglorious Bastards”. Le insegne fanno parte della storia di una città, e cambiano di luogo in luogo, ma ora si vanno assomigliando tutte, da Helsinki a Canicattì, perché devono uniformarsi alla grafica dei computer. Per ricordarle domani dovremo andare al museo.


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